Quel surreale silenzio sulle insinuazioni di Salvini contro Conte, e le domande da fargli
C’è qualcosa di surreale nella densa cortina di silenzio che ha accompagnato quasi ovunque le parole di Matteo Salvini nei confronti di Giuseppe Conte. Eppure sono lì, tuttora davanti ai nostri occhi, nella loro pesante brutalità: «Conte? Ha tradito gli Italiani per salvare la sua poltrona, ha qualcosa del suo passato da nascondere?» .
Parole distillate e soppesate, non pronunciate a caldo nel mercato milanese che ieri mattina il leader leghista aveva visitato, tra applausi e fischi, o in una delle quotidiane dirette Facebook. Sedici parole che compongono una nota che gli addetti stampa di Salvini hanno inviato ai giornalisti alle 12.45 di ieri. Richiesti di precisare come si inquadrasse quella domanda retorica, rispondevano in tempo reale si trattava di una nota a commento di quel che aveva appena detto Conte alla festa di Atreju.
Il premier non aveva detto in realtà molto di più che nei giorni scorsi circa il cambio della maggioranza. Aveva semmai affermato che la Lega si è trovata completamente isolata in Europa, perché gli alleati sovranisti dell’Est, l’ungherese Orban e il polacco Kaczynski, si sono ben guardati dal rompere col partito popolare europeo e con la Von der Leyen. Non piacevole per Salvini, ma fattualmente vero.
Eppure è arrivata quella nota di commento. Ora, essa sarebbe stata durissima anche se l’avesse scritta e diffusa l’ultimo eletto della Lega. Ma se a firmarla è l’ex vicepremier di Conte…
Il sospetto che insinua Salvini è grave e greve: che Giuseppe Conte sia stato costretto a «tradire gli italiani» (ma in realtà a buttar fuori dal governo i leghisti) per la necessità di rimanere a Palazzo Chigi. E non per poltronismo, o per brama di potere, ma per continuare a tenere nascosto «qualcosa del suo passato».
Veleno puro, per dirla tutta. L’ombra di un qualche segreto inconfessabile, e per ciò stesso torbido e degradante. Impressiona che ad avanzare un simile sospetto, ai fini di una battaglia di potere, sia il leader più popolare del Paese. Accentua la gravità della cosa il fatto che Salvini sia stato fino a un mese fa il ministro dell’Interno, cioè il capo politico delle strutture di controllo del Paese.
Ma stupisce e sconcerta anche che, di fronte a una allusione così brutale, che il presidente del Consiglio sia sotto ricatto o abbia cambiato il corso della vicenda politica per nascondere un segreto, la reazione generale sia stato il silenzio, il far finta di non aver letto. Nessuna risposta, neanche la più scontata, straparla perché è stato battuto, o la più sarcastica, l’insuccesso gli ha dato alla testa, come disse di sé Ennio Flaiano. «Non aprite quella porta» pare che si siano detti l’un l’altro tutti i protagonisti. Della politica, ma anche del giornalismo.
Siamo giovani e non vogliamo fare i fenomeni, ma dalla logica non si scappa: o Salvini sa bene di cosa parla, e allora presto tornerà sull’argomento, o ha sparato alla cieca, e fingerà di non averlo mai detto. In ciascuno dei due casi prima o poi qualcuno gliene chiederà conto, di quel metodo insinuante e di quel merito inquietante. Intanto ci proviamo noi: senatore Salvini, cosa sa o sospetta? E pensa che si possa reclamare, con una mano, la parola al popolo, e con l’altra alimentare i veleni di palazzo?
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