Chi si vergogna di volare? La tassa sui voli, tra promozioni e bocciature (Di Maio compreso)
«Flightshame», traducibile come «vergogna di volare», è l’espressione coniata in Svezia nel 2017 da un gruppo di attivisti tra cui figurava, probabilmente non casualmente, anche Malena Ernman, la mamma di Greta Thunberg.
Già, perché proprio in vista del summit sul clima delle Nazioni Unite in corso a New York, l’attivista svedese aveva deciso di arrivare a Manhattan in barca a vela dopo una traversata durata due settimane, per evitare di ricorrere a un volo aereo. Greta ha dunque deciso di “rimanere a terra”.
Il movimento, «Stayontheground», «rimani a terra», è nato a Stoccolma sette anni fa dall’idea di Susanna Elfors per dare consigli di viaggio eco-sostenibili. Un’idea che in poco tempo ha raccolto l’interesse e l’adesione di migliaia di ambientalisti per mettere un freno al numero annuale di viaggi.
Ora, anche in Italia, il governo discute della possibilità di adottare un nuovo Green new deal che guardi al futuro dell’ambiente. E ovviamente si parla anche di inserire nel pacchetto una tassa sui voli: l’ha buttata lì il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, subito appoggiato dal premier Giuseppe Conte.
Un euro per quelli nazionali e 1 euro e 50 per un viaggio internazionale, come parte di una serie di «microinterventi fiscali» su consumi «che fanno male alla salute e all’ambiente». Il tutto, ha dichiarato Fioramonti, permetterebbe all’Italia di recuperare 2 miliardi da destinare a «ricerca e formazione che aiutano la salute e l’ambiente».
Ieri, però, Luigi Di Maio proprio mentre partiva alla volta di New York per partecipare al vertice Onu sul clima ha bocciato sia questa idea sia quella di tassare le merendine troppo zuccherate con un secco: «Fermi tutti».
In realtà, la tassa, così come presentata da Fioramonti, appare minima, ma in ogni caso il dubbio resta. Detrattori a parte, può un contributo simbolico, soprattutto a fronte del movimento del Fridays For Future che ha investito anche l’Italia, essere una misura credibile alla lotta al cambiamento climatico?
Il sociologo Roger Tyers, che da tempo ha scelto di non utilizzare l’aereo, pensa che che l’effetto sociale delle scelte personali vada molto oltre le emissioni risparmiate dal singolo volo: «Non mi aspetto che tutti facciano ciò che faccio io, ma che inizino a riflettere sulla possibilità di sostituire i voli con qualcos’altro».
Great to see so many people (and the sun) out for the climate strike rallies in Southampton city centre and at the uni!
— Roger Tyers (@RogerTyersUK) September 20, 2019
I encouraged people to pledge to not fly next year and to pressure politicians to tax flying fairly.
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Francia
Ma se l’obiettivo è quello di disincentivare i viaggi aerei in favore di un approccio più sostenibile agli spostamenti e alle vacanze allora la cifra dovrebbe essere molto più elevata. Negli altri Paesi europei la proposta green è già stata avanzata da Francia e Germania. A luglio l’Eliseo ha annunciato l’introduzione di una ecotassa da 1,50 a 18 euro, a partire dal 2020, sui biglietti arei dei voli in partenza dalla Francia.
Nel dettaglio il patto green di Macron prevede 1,50 euro in più per i voli domestici all’interno dell’Europa in classe economica, 9 euro per gli stessi voli in business, 3 euro per le tratte extra-europee in economica e 18 in business.
Secondo le previsioni dell’esecutivo, la misura dovrebbe portare nelle casse dello Stato un tesoretto di 182 milioni di euro già a partire dal 2020. Entrate che, come sottolineato dal ministro dei Trasporti Borne, verranno usati per investimenti in infrastrutture di trasporto più moderne e rispettose dell’ambiente, in particolare, nel campo ferroviario.
Ma la proposta non ha incontrato le reazioni favorevoli delle compagnie aeree, tra queste anche l’Air France che ha definito la decisione «incomprensibile ed estremamente penalizzante» e che comporterà per la compagnia costi supplementari per 60 milioni di euro l’anno. Il Ceo di Corsair, Pascal de Izaguirre parla di una misura «demagogica e populista».
«Il nostro settore – dice Izaguirre – è asfissiato dalle tasse e questa misura colpirà particolarmente le compagnie francesi che già pagano il 30% di tasse in più rispetto alla media europa. Il livello era già eccessivo. Ancora una volta si colpisce la competitività delle aziende. Nel nostro Paese quando non si hanno idee si crea una tassa».
Germania
Due giorni fa la svolta green è arrivata anche da Berlino che ha annunciato un pacchetto per il clima di 54 miliardi di euro entro il 2023. Il pacchetto di leggi sugli investimenti ‘green’ in Germania prevede progetti per un totale di circa 100 miliardi di euro entro il 2030.
Finora le principali difficoltà hanno riguardato gli aumenti dei prezzi per benzina, diesel, gas per il riscaldamento e olio combustibile, da inserire all’interno di una tabella di un modello di tariffazione delle emissioni di CO2.
Sui massimali di prezzo dovrebbe essere stata raggiunta un’intesa che invogli i consumatori ad optare per le soluzioni meno inquinanti, ma senza provocare proteste sugli aumenti dei prezzi simili a quelle del movimento dei gilet gialli in Francia.
La strategia del governo include anche una serie di misure per ridurre le emissioni di gas serra nell’edilizia, in agricoltura, nell’industria e nei trasporti.
Per invogliare i cittadini ad utilizzare trasporti pubblici e treni, anche Berlino punta su un aumento del prezzo del trasporto aereo e vari sussidi per lo sviluppo delle auto elettriche e per un riscaldamento personale efficiente e pulito.
Iata: «Il governo dovrebbe incoraggiare gli investimenti. Così non aiuta l’ambiente»
Le nuove misure invocate anche in Italia non hanno incontrato i commenti positivi delle compagnie aeree. Chris Goater, portavoce di Iata, la principale associazione internazionale del settore, ha sottolineato come la proposta del ministro Fioramonti sia sbagliata per due motivi: «Le tasse sui passeggeri danneggiano la capacità dell’aviazione di generare prosperità economica e quindi penalizzano le entrate statali a lungo termine».
In particolare, proprio sul tema ambientale, Goater sostiene che non sarà una mossa di grande impatto: «Per questo il governo dovrebbe incoraggiare gli investimenti delle imprese nei carburanti sostenibili per l’aviazione e in una revisione radicale della tecnologia dei velivoli. Ciò creerebbe più posti di lavoro, maggiori entrate fiscali e contribuirebbe a ridurre le emissioni del trasporto aereo».
Inoltre la tassa sarebbe applicata uniformemente a tutti i passeggeri, senza alcuna distinzione tra quei passeggeri occasionali, o al primo viaggio e coloro che vengono definiti “frequent flyer”, ovvero passeggeri frequenti.
Tassare i frequent flyer?
Dalla Gran Bretagna è arrivata la proposta di tassare i viaggiatori in base alla frequenza dei loro spostamenti. Alcuni dati mostrano come solo il 15% degli adulti prenda il 70% dei voli inglesi. Molti gruppi ambientalisti, come Greenpeace, Friends of the Earth e la New Economic Foundation chiedono che venga applicata una tassa progressiva in base alla frequenza dei viaggi. Mentre a tutti sarebbe concesso un volo esentasse all’anno per poi essere tassati con aliquote crescenti.
Infine, esistono diverse misure che le compagnie aeree possono adottare per diminuire le emissioni, come il miglioramento dell’efficienza del carburante o l’utilizzo di più carburanti a basse emissioni di carbonio, ma qualsiasi riduzione significativa richiederà un minor numero di voli. È qui che dunque arriviamo noi consumatori.
Uno studio del 2017 ha scoperto che evitare il trasporto aereo è uno dei modi più efficaci per il singolo individuo di ridurre la propria impronta di carbonio , molte volte più efficace del riciclo o del passaggio a lampadine a risparmio energetico.
Sicuramente una tassa aerea potrebbe far riflettere due volte i passeggeri, specialmente quando prenotano spostamenti tutto sommato brevi: ho davvero bisogno di prendere quel volo o sarebbe meglio prendere il treno?
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