Fine vita, Pillon contro la Corte: «La Consulta ha aperto la strada al suicidio di Stato»
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Il senatore della Lega Simone Pillon non ha preso bene la decisione della Corte Costituzionale, che ieri 25 settembre ha sospeso l’articolo 580 del codice penale finora dedicato a vietare qualunque forma di aiuto al suicidio. «È sconcertante che decisioni tanto delicate siano prese a colpi di sentenze. La vita umana è sacra e inviolabile».
«Con quest’ultima sentenza la Consulta ha di fatto aperto la strada al suicidio di Stato, scavalcando le prerogative del parlamento e sostituendosi al legislatore», ha detto il leghista, autore del discusso decreto legge Pillon sulla bigenitorialità e gli affidi condivisi. In realtà, come ha sottolineato la stessa Corte, l’intervento della giurisprudenza è solo transitorio, e ora il Parlamento è chiamato ancora di più a prendere una decisione seria sulle questioni dell’eutanasia e del suicidio assistito.
«Ci batteremo perché le persone malate o in situazioni di sofferenza non siano mai tolte di mezzo, ma possano in ogni situazione avere sostegno, supporto e terapie antidolore per poter lasciare serenamente questa vita senza esser costretti a suicidarsi. Qualcuno porterà per sempre questa decisione sulla coscienza», ha continuato il senatore.
Come ha spiegato l’ex guardasigilli Giovanni Maria Flick in un intervento su Radio Anch’io, la questione della sofferenza è in realtà stata centrale nel processo decisionale della Corte: «Non è un problema di libertà – ha chiarito ma di trovare un modo per superare ed eliminare la sofferenza nei pazienti che, autonomamente, decidono in uno stato di patologia terminale».
La posizione di Pillon è condivisa da circa 4mila medici cattolici, che hanno dichiarato di essere pronti a fare obiezione di coscienza «nel caso in cui, a seguito della pronuncia della Consulta, il Parlamento italiano legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito».
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