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Raid di Macerata, al via il processo d’appello per Luca Traini. Agì dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro

26 Settembre 2019 - 11:48 Redazione
«Mi scuso per quello che ho fatto: in carcere ho capito che non è il colore della pelle a fare il criminale», aveva detto

Ha preso il via oggi, davanti ai giudici della Corte d’assise d’appello di Ancona, il processo di secondo grado a carico di Luca Traini, il trentenne di Tolentino (Macerata) accusato del raid xenofobo durante il quale, per vendicare la morte di Pamela Mastropietro, ha sparato contro diversi cittadini nordafricani, ferendone sei. Vestito con giacca scura e jeans, Traini è stato scortato dalla polizia penitenziaria ed è entrato in Corte d’assise da un ingresso laterale. Il 3 ottobre dello scorso anno, Traini è stato condannato in primo grado, nell’ultimo giorno del processo con rito abbreviato, a 12 anni di carcere per i reati di strage aggravata dall’odio razziale, porto abusivo d’arma e danneggiamenti per i fatti risalenti al 3 febbraio 2018. «Mi scuso per quello che ho fatto: in carcere ho capito che non è il colore della pelle a fare il criminale», aveva detto in una dichiarazione spontanea ai giudici, ma questo non era servito a evitare la pena poi inflittagli.

Chi è Luca Traini e cosa ha fatto

Il 31 gennaio 2018, i carabinieri di Macerata trovano nelle campagne di Pollenza il corpo fatto a pezzi di Pamela Mastropietro, fuggita da una comunità del Maceratese, e per il cui omicidio, il 29 maggio scorso, è stato condannato all’ergastolo il nigeriano Innocent Oseghale. E per effetto di quella vicenda entra in gioco Luca Traini, che il 3 febbraio 2018 – quindi tre giorni dopo il ritrovamento del cadavere – a bordo della sua Alfa 147, sente alla radio gli aggiornamenti sull’omicidio della diciottenne romana e decide di vendicarla. Torna a casa, recupera la sua Glock – una pistola semiautomatica – e mette in atto un raid per le vie del centro di Macerata. Spara ad altezza d’uomo: ferisce sei persone, tutte di colore, e colpisce anche gli ingressi di due locali pubblici e la vetrina di una sezione del Pd.

Il suo gesto provoca caos e panico generalizzati tanto da spingere il sindaco, Romano Carancini, a blindare la città e a chiedere alla cittadinanza di non uscire di casa. I carabinieri danno il via all’inseguimento fino a quando Luca Traini si fa arrestare nella centralissima piazza della Vittoria. Dopo essersi levato il giubbotto, si mette sulle spalle il tricolore e, salito sui gradini del monumento ai Caduti, fa il saluto fascista. All’arresto non opporrà resistenza. In aula si è sempre difeso negando di essere razzista e, anzi, precisando di aver voluto vendicare la morte di Pamela.

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