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Quanto è attendibile la lettera dei 500 scienziati contro l’allarme climatico? Molto poco

27 Settembre 2019 - 06:09 Juanne Pili
Esaminiamo alcuni curricula e le argomentazioni della lettera negazionista inviata all'Onu

In rete si continua a criticare il modo in cui Greta Thunberg ha parlato all’Onu, poco o per niente di ciò che ha detto. Sostanzialmente sono le stesse cose che provarono a far entrare in testa a tutti grandi testimonial, come Al Gore e Leonardo Di Caprio, a nome dei climatologi. Solo che non hanno ottenuto un gran seguito, a quanto pare. 

Con Greta – e certamente le operazioni di marketing degli adulti interessati a sostenere la sua battaglia – le cose cambiano: una generazione di studenti si sente ispirata e trova “cool” i temi ambientalisti – saranno i futuri dirigenti, scienziati e ingegneri – Si ribellano contro le generazioni precedenti, quelle del boom economico.

Hanno permesso loro di studiare certo, ma questo lo dicevano anche ai ragazzi che si permettevano tra gli anni ’60 e ’70, di “marinare la scuola” o le aule universitarie contro la guerra in Vietnam, la segregazione razziale, la condizione di inferiorità in cui erano costrette le donne rispetto agli uomini, il bigottismo delle élite, eccetera. 

Sulla commozione della ragazza e il suo «how dare you» si è scatenato buona parte dell’odio in rete, il vero humus che nutre gli autori di articoli che continuano a minimizzare la portata dei danni

Così testate come il Giornale rilanciano la carta del negazionismo, stavolta in forza di una lettera di 500 scienziati che negano la responsabilità umana del Riscaldamento globale.

Il cambiamento climatico non è una emergenza?

Ci sono tutti gli ingredienti necessari a comunicarci che la comunità scientifica mondiale non ce la racconterebbe giusta:

«Non esiste una verità scientifica sui cambiamenti climatici. Esiste invece un panel di divergenti che contesta Greta e i cattivi maestri dell’ambientalismo».

La crisi climatica quindi sarebbe un punto di vista che ha ottenuto l’attenzione dei media, mentre 500 presunti esperti rimangono inascoltati. Sarà vero? No, per niente.

«Nell’indifferenza generale 500 scienziati di tutto il mondo indirizzano al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, una lettera contro l’allarmismo climatico – riporta la testata – Lanciata da Guus Berkhout, geofisico e professore emerito presso l’Università dell’Aja, l’iniziativa è il risultato di una collaborazione tra scienziati e associazioni di 13 Paesi».

In realtà anche solo uno scienziato sarebbe sufficiente a muovere delle critiche, il problema è nel metodo: su quali basi sono state tratte? Possiamo trovare anche tra i premi Nobel dei laureati in materie scientifiche schierati a favore delle pseudo-scienze.

I curricula dei primi firmatari

Non disponiamo al momento della lista integrale, ma ci fa specie che non ci sia nessun climatologo tra i primi firmatari. Sono tutti verosimilmente molto preparati, ma in altre materie.

Alcuni di loro possono essere definiti in “conflitto di interesse”, avendo avuto rapporti con società che sarebbero danneggiate dalle politiche di contenimento delle emissioni. Altri colleghi, incuriositi dai curricula dei primi firmatari, hanno ulteriormente scavato sulle associazioni filantropiche legate a questi personaggi, spesso pizzicate a diffondere fake news sulle questioni climatiche. Esaminiamo i primi curricula:

  • Il professor Guus Berkhout è un ingegnere olandese che ha lavorato per la multinazionale petrolifera Shell;
  • Il professor Reynald Du Berger insegna geofisica all’Università del Quebec;
  • Il professor Ingemar Nordin è un filosofo considerato uno dei maggiori rappresentanti del neoliberismo svedese, ovvero la dottrina economica in base alla quale il mercato deve regolarsi da sé, scevro da ogni condizionamento da parte delle istituzioni;
  • Terry Dunleavy è un ex giornalista neozelandese, è stato anche un tipografo commerciale e ha lavorato nel settore vinicolo;
  • Jim O’Brien è un consulente energetico irlandese. Inoltre è il presidente onorario del Uepg, una associazione che rappresenta un insieme di aziende che assieme fatturerebbero 20 miliardi di euro, sparse in 30 Paesi europei «e fa pressioni [lobbies] sulle principali sfide del settore con istituzioni europee, Ong e altre parti interessate». Buona parte delle industrie rappresentate sono estrattive, insomma non proprio il massimo dal punto di vista dell’indipendenza circa tematiche legate al cambiamento climatico;
  • Il geologo australiano Viv Forbes è il presidente della Carbon Sense Coalition, creata appositamente per «difendere il ruolo del carbonio sulla terra e nell’atmosfera»;
  • In professor Alberto Prestininzi è un geologo in pensione, è stato anche membro del Comitato tecnico scientifico per il Ponte sullo Stretto di Messina.
  • Il professor Richard Lindzen è forse il più competente tra i firmatari. Fisico dell’atmosfera è stato anche docente di meteorologia al Mit, inoltre è stato anche un conferenziere del Cato institute. Lindzen è stato uno dei primi ad aver parlato di «allarmismo climatico».

Quanto è attendibile Lindzen?

Il lavoro di Lindzen è stato criticato diverse volte da climatologi come Gavin Schmidt, il quale fece notare anche diverse imprecisioni nella presentazione dei dati relativi alla temperatura, in maniera così palese da ottenere persino le scuse di Lindzen. Del resto il professore si è dimostrato anche contraddittorio in diverse affermazioni, come quella in cui confonde il concetto di “incertezza” con quello di “ignoranza”.

Il fatto che non possa esserci una certezza assoluta dei dati non implica il fatto che i climatologi si muovano alla cieca. Al contrario proprio sull’incertezza dei dati è stata pubblicata una recente revisione della Nasa, confermando l’attendibilità dei dati.

Un confronto con la petizione promossa dal Sant’Anna di Pisa

Tanto per farci un’idea, linkiamo la lista dei firmatari della petizione promossa dal Sant’Anna di Pisa contro le bufale dei negazionisti del cambiamento climatico, di cui ci occupammo in un precedente articolo. Oltre all’alta densità di esperti competenti in materia fin dai primi firmatari, troviamo nella petizione numerosi riferimenti a studi scientifici e istituti di ricerca. 

Nella lettera dei negazionisti invece nulla viene argomentato alla luce di alcuno studio preciso, si fanno solo congetture, peraltro piuttosto superate. Giocare la carta dei pochi dissidenti contro la massa infatuata da una ragazzina, lascia il tempo che trova.

Prendendo per buono che entrambe le parti siano in maggioranza oneste e intelligenti, il risultato sarebbe comunque che abbiamo una moltitudine di scienziati e studi che attestano l’esistenza del problema, mentre solo una esigua minoranza continua a negarli.

Inoltre, visti i conflitti di interesse o i bias ideologici di alcuni dei firmatari, forse non è il caso di additare come sinistroide manipolata da George Soros una giovane ed emotiva attivista svedese; cosa che invece capita spesso di leggere tra i commenti di odio che si possono leggere in questi giorni nei Social.

Certamente è nota anche una variabilità climatica di origine naturale, ma gli studi ne tengono conto, distinguendo da questa il Riscaldamento globale dovuto ai gas serra in aumento. Come spiegano gli autori della petizione del Sant’Anna, «la variabilità naturale si sovrappone a quella di origine antropica, e la comunità scientifica possiede gli strumenti per analizzare entrambe le componenti e studiare le loro interazioni».

L’anidride carbonica «non è un inquinante», anzi «più CO2 fa bene alla natura»

Alcune affermazioni riportate da il Giornale, come in altre testate critiche, sembrano piuttosto azzardate. La prima riguarda l’idea che in fondo l’attività umana non c’entra, mentre il Riscaldamento globale sarebbe meramente coincidente con la fine della piccola era glaciale, conclusasi effettivamente nel 1850, periodo in cui si fa coincidere generalmente l’incremento delle temperature medie e della CO2 in atmosfera.

«”La piccola era glaciale si è conclusa solo di recente, intorno al 1850 – riporta il Giornale – quindi non sorprende che oggi stiamo vivendo un periodo di riscaldamento”. Il caldo, intanto, cresce con un ritmo inferiore alla metà di quanto era stato inizialmente previsto e meno della metà di ciò che ci si poteva aspettare». 

Sappiamo che certamente la Natura ci mette del suo, ma l’aumento delle temperature registrato nelle migliaia di stazioni meteorologiche di tutto il Mondo, vedono una particolare impennata soprattutto dal secondo dopoguerra a oggi. Secondo il Noaa dagli anni ’70 in poi si è passati a 0,17°C in più per decennio.

Ma non è tutto perché a quanto pare, anche se questo incremento in accelerazione fosse riconosciuto da questi scienziati, comunque la CO2 non sarebbe un gas inquinante. I lettori più sensibili potrebbero anche cogliere della poesia nel modo in cui questo viene spiegato.

«Poi questi dissidenti si soffermano su un fatto di rilevante importanza: la Co2 non è un inquinante. – ci tiene a precisare l’autore – È anzi essenziale per tutta la vita sulla Terra. La fotosintesi è una benedizione. Più Co2 fa bene alla natura, rende il globo verde: l’aggiunta di anidride carbonica nell’aria ha portato ad un aumento della biomassa vegetale globale. È anche buono per l’agricoltura, aumentando i raccolti in tutto il mondo».

Il problema è che la Co2 causa anche l’aumento delle temperature, questo fa male al clima, ma anche alle persone, con conseguenze sugli ecosistemi e sull’economia, la quale attraverso il tanto vituperato “business del green”, si rivelerebbe comunque il miglior strumento a disposizione per cambiare le cose; senza necessariamente “tornare alle candele”, come sembra vogliano gli ambientalisti più estremisti.

La Natura – come ricordava il satiro George Carlin – potrà anche stare bene; noi invece staremo sempre peggio se non ci diamo una mossa. 

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