Effetto Greta, dal venerdì al Saturdays for future: la svolta sull’ambiente passa dal carrello della spesa (consapevole)
Andare al supermercato, mettere nel carrello la confezione di pomodori datterino più economica, allungarsi verso la confezione di hamburger di pollo in offerta speciale e piegarsi per scegliere la scatola di uova maxi formato dal prezzo meno impegnativo. Complice l’infinita crisi economica, lo stretching distratto del sabato mattina al supermercato è un’abitudine ancora diffusa in Italia. L’effetto Greta dei venerdì di sciopero per il clima, però, sta strabordando verso il giorno successivo: oggi, 28 settembre, è la prima volta del #SaturdaysForFuture, il momento dedicato alla spesa consapevole.
L’iniziativa è stata promossa da ASviS, l’organizzazione italiana per lo sviluppo sostenibile, e Next – Nuova economia per tutti, l’associazione che lavora dal 2011 per rendere l’economia più inclusiva, partecipata e sostenibile. Con una lettera pubblicata su Avvenire, il 19 giugno i rappresentanti dei due enti proponevano:
«E se i giovani di Fridays for Future che si sono mobilitati in tutto il mondo per chiedere agli adulti e alle istituzioni di ‘non rubargli il futuro’ e di costruire un domani sostenibile per il Pianeta coinvolgessero le proprie famiglie nei Saturdays for Future, dedicati a cambiare le abitudini di spesa? Se cioè il sabato, il giorno successivo alla mobilitazione, quando oltre la metà delle persone fa abitualmente la spesa settimanale, si trasformasse per tutti nel giorno a favore della sostenibilità ambientale e sociale?»
Ma se credete che basti scegliere la linea bio di una delle maggiori catene di supermercati d’Europa, siete fuori strada. Affidarsi al green washing, ovvero la strategia di comunicazione di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, è una scorciatoia etica che per oggi (almeno) non vale.
L’iniziativa
L’idea è quella di diffondere settimanalmente buone pratiche di consumo, con l’obiettivo di arrivare a cambiare definitivamente l’approccio alla spesa. Come ha detto il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini, «la proposta di rendere il sabato, cioè il giorno successivo alla mobilitazione per il clima, quando oltre la meta delle persone fa abitualmente la spesa settimanale, il giorno a favore della sostenibilità ambientale e sociale è stata accolta da molti soggetti della società italiana. Siamo fiduciosi sull’impatto che questa iniziativa potrà avere nei mesi e negli anni a venire, con benefici concreti anche per i bilanci delle famiglie italiane».
Uno dei punti di riferimento delle organizzazioni che hanno preso parte all’iniziativa è l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che stabilisce 17 obiettivi concordati dalle Nazioni Unite. Su tutte, i Saturdays For Future puntano maggiormente al 12esimo sul Consumo e produzione
responsabili («Entro il 2030, fare in modo che le persone abbiano in tutto il mondo le informazioni rilevanti e la consapevolezza in tema di sviluppo sostenibile e stili di vita in armonia con la natura»), al 13esimo sulla lotta contro il cambiamento climatico («Migliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale riguardo ai cambiamenti climatici in materia di mitigazione, adattamento, riduzione dell’impatto e di allerta precoce») e al quarto sull’Istruzione di qualità («Entro il 2030, assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili…»).
Dove partecipare
I luoghi della prima mobilitazione nazionale saranno 26. Ci saranno iniziative a Milano, Roma, Bologna, Firenze, Torino e Napoli. Saranno coinvolti anche i Comuni più piccoli, da San Donà di Piave in Veneto a Vallinfreda nel Lazio. Già tre colossi come Coop, Altromercato e NaturaSì si sono detti favorevoli ai “sabato sostenibili”. L’obiettivo è che di agganciare a ogni sciopero di Fridays for Future una giornata di spesa consapevole.
La spesa equa e solidale
Fino a qualche anno fa, la dicitura “Equo e solidale” si trovava sugli scaffali di piccoli negozi nati per promuovere un’economia alternativa. Guidati dal principio del fair trade (commercio giusto), questi piccoli store isolati sparsi nelle grandi città europee si impegnavano a vendere prodotti comprati a prezzo equo direttamente dai piccoli produttori, in loco o all’estero.
In Italia, le colonne del commercio equo sono Equo Garantito, Fairtrade Italia e Botteghe del Mondo (tutte partecipi al progetto Saturdays for future), che lavorano con l’obiettivo di chiarificare la filiera del mercato, tracciando le condizioni di lavoro e la sostenibilità della produzione. Nel corso degli anni, i colossi della distribuzione hanno trovato il modo di emanciparsi dagli enti di controllo, creando loghi ed etichette di certificazione che fanno sentire “a posto con la coscienza” il consumatore.
Una strategia riuscita per un periodo di tempo considerevole tra i primi anni del 2000 fino a dicembre 2018. Grazie anche alle nuove sensibilizzazioni sul cambiamento climatico, che mostrano come il modo in cui consumiamo e ci comportiamo giornalmente influisca sulla sopravvivenza del pianeta, l’attenzione sulla sostenibilità sta iniziando a pretendere parametri ben più elevati.
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