Ius culturae, il ministro Fioramonti si smarca da Di Maio: «È buona idea per inclusione»
«È una buona idea: sono convinto che bisogna essere intelligenti con l’inclusione e l’integrazione, è l’unico sistema che funziona. Mi sembra giusto darla a chi di fatto è italiano». Così anche il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti si schiera a favore dello Ius culturae, la legge sulla cittadinanza che da giovedì tornerà ad essere discussa alla Camera dei deputati.
Non è d’accordo il capo politico del suo stesso partito, Luigi di Maio, il quale aveva definito l’approvazione della legge «non una priorità». Il timore è che – la «cittadinanza facile», come la definisce Matteo Salvini – possa avvantaggiare la Lega e, in generale l’opposizione.
«Sono convinto che non debba essere questa la preoccupazione della politica – ribatte Fioramonti.- certo, abbiamo tante emergenze, potrebbe non essere la prima questione da affrontare ma che il dibattito cominci è importante. Decideranno tutte le forze di governo». Ma al netto delle posizioni contrastanti di alcuni esponenti del nuovo governo, non è chiaro quale sia la posizione di maggioranza.
Cos’è lo ius culturae?
Nella scorsa legislatura si era fermata al Senato la legge sullo ius soli, ovvero per la cittadinanza ai minori figli di immigrati stranieri, circa un milione in tutto il Paese, dopo cinque anni passati in Italia. Lo Ius soli – “diritto del suolo”, anziché jus sanguinis ovvero “diritto del sangue” – fa riferimento all’acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto di essere nati sul territorio di un dato Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Nel nostro paese, si applica soltanto in casi eccezionali, come nel caso di bambini senza genitori trovati in Italia.
In base alla legge 91 del 1992, chi è nato in Italia da genitori stranieri può diventare cittadino italiano al compimento dei 18 anni, a condizione che abbia mantenuto costantemente la residenza in Italia dalla nascita. Lo ius cultura, invece, prevede l’acquisizione della cittadinanza anche da parte di una persona straniera di minore età, nata in Italia o entrata nel paese entro il 12esimo anno di età, purché abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli di studio o seguito percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali per conseguire una qualifica professionale.
Favorevoli e contrari
A riaprire il dibattito sullo ius culturae è stata Elena Bonetti, nuova ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, prima in quota Pd, adesso Italia Viva. «Penso che sia stato un errore nella scorsa legislatura non approvare la legge sullo ius culturae – aveva dichiarato in un’intervista al quotidiano cattolico Avvenire – spero che in questa legislatura si trovino le condizioni perché questo accada».
Atteggiamento di (cauta) apertura anche da parte dello stesso leader del partito, Matteo Renzi. «Se ci sono i numeri, e Di Maio ci sta, facciamo lo Ius Culturae. Se non ci sono i numeri, perché i Cinque stelle non ci sono, prendiamone atto. Ma non trasformiamolo in un tormentone come è stato fatto dal governo nel 2017, con un tragico errore. Io sono per lo Ius Culturae. Ci sono i numeri? Si fa. Non ci sono i numeri? Se ne parla la prossima volta», ha dichiarato il senatore in un’intervista al Il Foglio.
Favorevoli anche il capogruppo dem alla Camera Grazione Delrio – «Si tratta di ragazzi e bambini che sono nati, vivono e studiano in Italia. Questo accordo, che è più moderato rispetto al nostro testo originario, è aperto ai contributi di tutti coloro che non fanno propaganda sulla pelle di questi ragazzi ma riconoscono che la democrazia ha tutto da guadagnare nel dare più diritti».
Ma non tutti sono d’accordo nel Pd. La sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico Alessia Morani – facendosi portavoce del ‘sentiment’ della maggioranza degli elettori che vedono con simpatia il Governo – propone di rimandare tutto fino al giugno dell’anno prossimo.
«Una legge di questo tipo deve essere approvata solo dopo avere dimostrato che c’è un modo efficace e diverso da quello di Salvini di governare i flussi migratori e di fare sul serio politiche di integrazione. Il paese è profondamente diviso sul tema dell’immigrazione e non basterà approvare una legge sullo ius culturae per eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini», si legge in un suo post su Facebook.
Nel Movimento 5 Stelle Di Maio non è l’unico ad essere contrario. Laconico e deciso su Facebook Giuseppe Brescia, Presidente della I Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni, per cui il Governo farebbe bene a pensare ad altro: «Ora in commissione ci sono altre priorità come una nuova legge sul conflitto di interessi e il taglio del numero dei parlamentari che approveremo martedì».
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