Manovra, perché è presto per festeggiare: l’Europa resta vigile sui conti che non tornano
Una delicata contrattazione per strappare un decimale in più nel rapporto deficit/Pil. Una promessa, quella dei 7,2 miliardi strappati al sommerso, che può accontentare molti, ma rischia di non convincere. È vero, un accordo sulla Nadef è stato raggiunto con Bruxelles, e questo grazie al rinnovato clima di dialogo che si è instaurato con il governo Conte II. Ma gli ostacoli per la legge di Bilancio 2020 sono ancora molti. Ed è lo stesso monito del commissario uscente Pierre Moscovici a far scemare l’entusiasmo nel governo: «All’Italia è stato già concesso tanto. Gualtieri sa che l’Unione europea non fa favoritismi».
Il “numerino” del 2020
Gli obiettivi di bilancio per il prossimo anno inseriti nella Nota di aggiornamento del Def sono basati su una stima di crescita del Pil pari allo 0,6%. Con la previsione di riuscire comunque a ridurre, di poco, il rapporto debito/Pil al 135,2%, sembra che la squadra di Gualtieri sia riuscita ad accordarsi su un rapporto deficit/Pil del 2,2%, scrive la Repubblica. Il che equivale a 14 miliardi di flessibilità concessi dall’Unione, includendo anche i 4 miliardi di concessioni legate agli eventi eccezionali. Secondo il Corriere della Sera, però, il governo (in particolare Conte, braccato dai rigoristi Gualtieri e Amendola) vuole spingersi fino al 2,4%. In ogni caso, secondo La Stampa non è neppure detto che vada davvero cosi, visto che l’Italia sta trattando con Moscovici che ha l’ambigua posizione di commissario uscente (lascia il 1° novembre, mentre il verdetto della Ue è previsto per il 20).
Da dove vengono i soldi
Queste, invece, le principali spese previste dalla manovra:
- Sterilizzazione Iva: 23,1 miliardi;
- Taglio cuneo fiscale: 2,7 miliardi;
- Spese indifferibili: 2,0 miliardi.
Il nocciolo delle entrate promesse dallo Stato sta nel recupero del sommerso:
- Lotta all’evasione: 7,2 miliardi;
- Razionalizzazione dei costi: 1,8 miliardi;
- Tagli sgravi fiscali e ecotasse: 1,8 miliardi.
La corsa a ostacoli
Le tappe imposte dal calendario europeo per l’approvazione della prossima legge di Bilancio, impongono una serie di passaggi tecnici che rischiano di sollevare criticità sui conti presentati dall’Italia:
- 15 ottobre: presentazione legge di Bilancio all’Unione europea;
- 30 ottobre: decisione sull’ammissibilità della manovra da parte di Bruxelles;
- 1 novembre: insediamento di Paolo Gentiloni alla commissione Affari economici;
- 7 novembre: uscita delle stime economiche dell’Unione europea;
- 20 novembre: giudizio definitivo di Bruxelles sulla legge di Bilancio 2020.
Bye bye rimodulazioni
Non se lo aspettava Roberto Gualtieri di dover subito ribattere al veto di Movimento 5 stelle e Italia Viva alla rimodulazione delle aliquote Iva. La manovra era stata pensata sulla base dell’aumento di quasi 2 punti percentuali dell’aliquota intermedia al 10%. Niente da fare: così Gualtieri ha dovuto trovare un modo per richiudere un buco da 5 miliardi creatosi nel suo piano per convincere l’Ue. Eppure il ministro Pd Francesco Boccia, in un’intervista ad Avvenire, continua a sostenere che le rimodulazioni ci saranno. Facendo arrabbiare, e non poco, i colleghi 5 Stelle.
Quell’ottimismo sul sommerso
La soluzione temporanea è stata quella di nascondere quei 5 miliardi mancanti sotto il cappello della lotta all’evasione: la voce ha raggiunto l’ambiziosa cifra di 7,2 miliardi di euro. Tradotto? Il governo conta, in un anno, di recuperare al sommerso una cifra enorme, pari allo 0,4% del Pil italiano. Nelle leggi di Bilancio degli ultimi anni, da Renzi a Gentiloni, passando per il primo governo Conte, nessuno aveva mai inserito una cifra così alta nella manovra sotto la voce “lotta all’evasione”.
Un lavoro da cesellatore
Secondo molti, nonostante il “bonus befana” da 475 euro e la lotteria degli scontrini, non è realistico, in un anno, strappare dal sommerso tutti quei soldi. Ci sarebbe la web tax sulle grandi compagnie del tech per la quale, però, è necessario un non semplice decreto attuativo. Si valuta l’estensione della fatturazione elettronica ai regimi forfettari, inasprimento di sanzioni per le irregolarità degli esercenti. Ma l’unica strada veramente percorribile sembra quella di giocare sui numeri del rapporto deficit/Pil, sperando di strappare qualche decimale a Bruxelles.
«Nun v’allargate»
Fonti vicine al governo riferiscono che la speranza è che il rapporto deficit/Pil possa passare dal 2,2%, come scritto nella Nadef, al 2,4%. Sarebbe una vittoria da ostentare per Giuseppe Conte, in ottica di sostegno internazionale. Ma c’è una sorta di troika in salsa italiana che frena questo gioco di numeri, composta dal prossimo commissario Paolo Gentiloni, il ministro Roberto Gualtieri e il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola. Tra l’altro, un membro del governo ha affermato che è arrivata la prima raccomandazione da Bruxelles. «Paolo ci ha detto “nun v’allargate”», scrive il Corriere. Un messaggio chiaro, arrivato tra l’altro dopo i tentativi di interlocuzione informale che Gualtieri ha già avuto nelle sedi europee per strappare, senza esito, il 2,3% di rapporto deficit/Pil.
The dark side of the sterilizzazione
C’è un aspetto da non sottovalutare quando si festeggia la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva: quei 14 miliardi di deficit necessari per ottenerlo. Il ragionamento è lineare: la somma dei deficit altro non è che il debito pubblico. Andando ad aggiungere il deficit previsto dalla manovra per il 2020, il risultato è che chi pagherà le spese del congelamento dell’Iva, oggi, sono i lavoratori di domani. I giovani dovranno fare i conti con il debito pubblico. L’altra beffa, ha detto più volte l’ex presidente Inps Tito Boeri, è che si è ridimensionato il taglio del cuneo fiscale per salvare le aliquote Ive vigenti. Insomma, scarsi investimenti per creare lavoro e per convincere i giovani a restare in Italia.