Caso Cucchi, la lettera di Stefano spedita 4 giorni dopo la morte: «Fate qualcosa per me» – Le immagini
«Caro Francesco, sono al Sandro Pertini in stato di arresto. Scusami se sono di poche parole, ma sono giù di morale e posso muovermi poco». Una lettera scritta da Stefano Cucchi con grafia incerta, di chi sta soffrendo – spiega il legale della famiglia Fabio Anselmo, e indirizzata a uno degli operatori della sua comunità terapeutica Ceis. Il testo era stato diffuso nel 2010 dalla famiglia: ora la lettera viene mostrata nell’aula bunker di Rebibbia, a Roma, nel corso della requisitoria finale dell’avvocato Anselmo nel processo Cucchi bis per la morte del giovane geometra romano.
In mattinata, il pubblico ministero Giovanni Musarò ha chiesto 18 anni e la condanna per omicidio preterintenzionale per due dei tre carabinieri imputati nel processo Cucchi bis, Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo.
«Volevo sapere se puoi fare qualcosa per me, scrive ancora Stefano all’operatore della sua comunità. Adesso ti saluto, a te e a tutti gli altri operatpro. Ciao, Stefano Cucchi. PS. Per favore, almeno rispondimi», conclude il giovane.
Una lettera per chiedere aiuto, scomparsa e poi riapparsa nei verbali. Una lettera spedita quattro giorni dopo la sua morte. «La grafia del mittente, sulla busta, era diversa», conferma oggi Ilaria Cucchi in aula. Per lei e per Anselmo «è la dimostrazione che Stefano voleva un contatto con l’esterno e stava chiedendo aiuto al contrario di quello che si diceva».
«Si è detto anche che Stefano si era lasciato andare, che si è lasciato morire. Che praticamente era un morto che camminava. Questa lettera dimostra il contrario», dice l’avvocato Anselmo. «Stefano voleva vivere, non voleva morire».
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