Lampedusa, 6 anni dal naufragio in cui morirono 368 persone: il ricordo in tutta Europa
Nell’ottobre del 2013, due grandi naufragi a largo di Lampedusa segnarono un punto di non ritorno nelle cronache del Mediterraneo. Il primo, quello del 3 ottobre, in cui morirono 368 persone, e quello di poco successivo, quello dell’11, dove ne morirono oltre 250 in una sola notte.
Oggi, in occasione del sesto anniversario della prime delle due ecatombi (e il primo dalla nascita dell’Ong italiana Mediterranea Saving Humans), in 29 città d’Europa cittadini e studenti hanno commemorato i migranti che hanno perso la vita tentando la traversata per sfuggire agli orrori della Libia.
Da quelle due tragedie prese vita l’operazione Mare nostrum, un provvedimenti d’emergenza per schierare le navi della Marina militare oltre le acque territoriali italiane. La zona Sar libica non esisteva ancora (sarebbe stata istituita 5 anni dopo, con tutte le complicazioni annesse) e quel “mare di nessuno” aveva urgenza di essere pattugliato.
Da quell’anno in poi, le morti sarebbero diventate una costante drammatica del Mediterraneo centrale: sono oltre 19mila le persone che dal 2013 al 2019 sono morte in mare.
In marcia a #lampedusa per la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza. #siamosullastessabarca #comitato3ottobre #3ottobre pic.twitter.com/cRT8QEbVm9
— Comitato 3 ottobre (@C3ottobre) October 3, 2019
Sempre oggi, l’ex capitana della SeaWatch3, Carola Rackete, ha parlato alla Commissione di giustizia, libertà civili e affari interni del Parlamento Europeo, ricordando tra le altre cose la ricorrenza: «Sono passati 6 anni e invece di cercare di evitare tragedie simili, gli Stati membri UE si sono impegnati in una politica di esternalizzazione, in una prassi di respingimenti e omissioni di soccorso delegando alla Libia paese in guerra».
🎙”Sono passati 6 anni e invece di cercare di evitare tragedie simili, gli Stati membri UE si sono impegnati in una politica di esternalizzazione, in una prassi di respingimenti e omissioni di soccorso delegando alla #Libia paese in guerra”.#CarolaRackete @Europarl_EN#3Ottobre pic.twitter.com/NUPTlXjIzU
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Il naufragio
Una delle più grandi tragedie dell’immigrazione, 368 morti e un numero di dispersi mai accertato, si è compiuta in meno di un minuto. Alle 5 del mattino del 3 ottobre il peschereccio lungo una ventina di metri, stracarico di eritrei infilati anche nella sala macchine, si ferma a meno di mezzo miglio dalle coste di Cala Croce, una delle insenature più belle di Lampedusa.
Era partito 2 giorni prima da Misurata, in Libia, e la traversata, tutto sommato, era andata bene. Quella mattina, il peschereccio non era solo nelle acque intorno a Lampedusa: già altri due barconi con oltre 460 persone erano stati soccorsi e portati a riva.
I motori del peschereccio si fermano e a qualcuno di quelli che erano alla guida dell’imbarcazione decide di dar fuoco a delle coperte: le fiamme, pensano, serviranno a farci vedere da chi è a terra e dalle altre imbarcazioni.
«Ci fu un guasto e il tizio che era al comando diede fuoco ad un panno per cercare di segnalare l’imbarcazione», ha raccontato un anno dopo la tragedia Eskindr, eritrei sopravvissuto al naufragio che è andato in Olanda, dove ha fatto il meccanico di biciclette mentre frequentava la scuola superiore. « Ma il fuoco arrivò alla benzina che era lì vicino, e da quel momento è iniziato il dramma».
Le fiamme si propagano subito sul ponte, dove c’erano almeno 300 persone. Molte di loro, proprio perché pressate una sull’altra, non vedono neanche l’origine dell’incendio ma solo un gran fumo. Mentre tutti quelli che si trovano nella stiva o nella sala macchine, almeno altri 250, non solo non vedono niente ma neanche si accorgono di nulla.
I migranti presi dal panico cominciano a gettarsi in acqua ma, sopratutto, si spostano tutti insieme dal lato opposto della barca a quello dove ci sono le fiamme. Il barcone si piega su un lato fino a quando l’acqua non comincia ad entrare. E’ il punto di non ritorno.
In pochi istanti il peschereccio affonda e tocca il fondale, 45 metri più in basso. Per quelli che sono nella stiva non c’è neanche possibilità di muoversi: i sub li recupereranno giorni dopo ancora uno sull’altro. In 155, tra cui sei donne e due bambini, vengono invece salvati dalle barche che si trovavano in zona e che vengono allertate appena scatta l’allarme.
Domenico Colapinto, uno dei pescatori intervenuti ne salva a decine ma non si è mai perdonato tutti gli altri che gli sfuggirono dalle mani, perché unti di nafta. «Mi sono salvato aggrappandomi ai corpi senza vita dei miei compagni di viaggio che galleggiavano accanto a me», ha raccontato sempre Eskindr.
I morti accertati sono 368, tantissime donne e anche dei 4 bambini: vigili del fuoco, guardia costiera, marina e guardia di finanza ci hanno messo più di 10 giorni per recuperarli tutti.
«Li abbiamo legati per le caviglie ad una corda con lo stesso sistema utilizzato dai pescatori per sistemare gli ami alle reti da pesca – ha raccontato Giovanni Di Gaetano, coordinatore dei sommozzatori dei vigili del fuoco che con la sua squadra è sceso per primo – Un cadavere ogni cinque metri su una corda lunga sessanta».
Tra i morti allineati sul molo Favarolo c’era anche Kebrat, una ragazza eritrea. E se non ci fosse stato Pietro Bartolo, il medico dell’isola e oggi europarlamentare, sarebbe ancora tra loro: «Era in mezzo ai cadaveri – ha raccontato l’allora medico dell’isola e oggi europarlamentare – se non mi fossi accorto di quel suo polso debolissimo sarebbe finita nei sacchi neri assieme agli altri».
Per quei 368 morti, ad oggi, hanno pagato due persone: il somalo Mouhamud Elmi Muhdin, condannato a 30 e riconosciuto dai superstiti come uno degli organizzatori del viaggio, e il tunisino Khaled Bensalem, riconosciuto come scafista e condannato a 18 anni.
Il corteo a Lampedusa e la Giornata europea della memoria e dell’accoglienza
La manifestazione più grande c’è stata proprio a Lampedusa, dove un corteo formato da diverse barche di pescatori ha raggiunto il tratto di mare davanti alle coste di Lampedusa dove nel 2013 naufragò il barcone con oltre 500 migranti.
Quella che si è appena conclusa è stata una marcia della memoria, ma è anche un momento di lotta per chiedere il cambiamento delle politiche migratorie dell’Europa. #3ottobre #siamosullastessabarca pic.twitter.com/VixLLItXia
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) October 3, 2019
A bordo delle imbarcazioni oltre a cittadini, rappresentanti di associazioni, forze dell’ordine, istituzioni, e ai circa 500 studenti provenienti da scuole ed istituti italiani ed europei, anche alcuni dei 155 superstiti molti dei quali hanno perso nel naufragio familiari ed amici.
Sul luogo della strage è stata lanciata una corona di fiori. La cerimonia di commemorazione, che si è svolta dopo il corteo che dal centro di Lampedusa ha raggiunto la Porta d’Europa, è stata organizzata nell’ambito del progetto Snapshots from the Borders – del quale il Comune di Lampedusa è capofila – che si sta svolgendo in contemporanea anche in 29 città europee per promuovere una petizione per chiedere all’Ue che il 3 ottobre diventi Giornata europea della memoria e dell’accoglienza.
Siamo arrivati alla Porta d’Europa. Una porta che migliaia di persone hanno sognato di attraversare per salvarsi da guerre e persecuzioni. Dal 2013 oltre 19mila persone sono morte in mare cercando di raggiungerla. #3ottobre #siamosullastessabarca #comitato3ottobre pic.twitter.com/BMdJjm3uOq
— Comitato 3 ottobre (@C3ottobre) October 3, 2019
Davide Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, ha inviato un videomessaggio agli studenti presenti a Lampedusa: «Mi dispiace non poter essere presente alla giornata della memoria e dell’accoglienza», ha detto.
Il video messaggio del Presidente del Parlamento Europeo @DavidSassoli per gli studenti presenti a #Lampedusa con il @C3ottobre in occasione del #3ottobre . #siamosullastessabarca pic.twitter.com/lUe4iMF6Bk
— Comitato 3 ottobre (@C3ottobre) October 2, 2019
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