Calenda fa un passo indietro e ammette: «Ho sostenuto cazzate sul liberismo per 30 anni. E poi vincono i sovranisti…»
«Una delle più grandi cazzate che abbiamo raccontato è che non si salvano i posti di lavoro, ma si salva il lavoro. Per cui pensiamo che un operaio di cinquant’anni che ha passato la vita a fare impianti può andare a lavorare nell’economia delle app. Queste cazzate le abbiamo sostenute, io le ho sostenute, per 30 anni. E poi dice che vincono i sovranisti…».
A dirlo è l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda durante l’ospitata alla presentazione dell’ultimo libro di Antonio Polito, Il muro che cadde due volte con Massimo D’Alema. Nel corso dell’evento, il parlamentare europeo si è lasciato andare a un mea culpa sulle politiche economiche portate avanti, anche da lui, nel corso di questi ultimi anni.
«Bisogna ricentrarsi su un liberalismo di metodo. La democrazia liberale deve recuperare il pragmatismo. E se la società va meno veloce del progresso, la società salta per aria», ha precisato.
E ancora: «Io per 30 anni ho ripetuto tutte le banalità che si sono dette nel liberismo economico. Quando Giavazzi e Alesina scrivevano sul Corriere che non bisognava salvaguardare il posto di lavoro ma il lavoro, io dicevo “oh che gran figata”. Poi quando ho avuto davanti l’operaio dell’Embraco ho capito che era una gran cacchiata».
Ieri – 3 ottobre -, infatti, Calenda si trovava sotto al Mise insieme agli operai della ex-Embraco per conoscere gli sviluppi sul piano industriale della nuova proprietà, gli italo-cino-israeliani della Ventures.
Calenda durante il sit-in è stato attaccato più volte dagli operai che lo hanno accusato di avere «409 dipendenti sulla coscienza». Lui ha replicato precisando che non fosse stato per lui sarebbero stati invece «licenziati tutti».
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