Ukrainegate, un nuovo informatore complica la situazione (già difficile) alla Casa Bianca
Un nuovo whistleblower, questa volta con informazioni di prima mano. L’ultimo tassello dell’Ukrainegate rende ancora più complessa la posizione di Donald Trump che ora si trova davanti a un nuovo informatore, che, stando a quello che sostiene il suo avvocato, avrebbe informazioni ancora più attendibili. A garantirlo è Mark Zaid, l’avvocato di questo secondo whistleblower. Secondo il suo legale, il nuovo informatore avrebbe già parlato con l’ispettore generale dell’intelligence, ma non con le commissioni parlamentari che stanno conducendo l’indagine di impeachment.
L’Ukrainegate, dalla telefonata alla procedura di impeachment
Lo scandalo che coinvolge il presidente degli Stati Uniti e l’Ucraina parte da una telefonata fra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un contatto avvenuto il 25 luglio del 2019. Il contenuto della conversazione è stato trascritto e rivelato per intero. I sospetti ricadono su alcune frasi in cui Trump avrebbe chiesto a Zelensky di indagare sul figlio di Joe Biden, vicepresidente durante i due mandati di Barack Obama e fra i candidati favoriti per primarie dei democratici.
Donald Trump: L’altra cosa, c’è molto da parlare sul figlio di Biden, di come Biden ha fermato il processo e di come molte persone vogliano sapere cosa sia successo. Qualsiasi cosa lei possa fare con il procuratore sarebbe grandioso. Biden andava in giro a dire che aveva fermato l’indagine quindi se può darci un’occhiata…. a me suona orribile.
Il presidente degli Stati Uniti si è difeso dicendo: «È la più grande caccia alle streghe della storia americana. È stata una telefonata amichevole. Non c’è niente, nessuna pressione, il modo con cui ci avete ricamato sopra, quella telefonata sembrava arrivare dall’inferno». Il contenuto della telefonata era venuto a galla grazie alle rivelazioni di un whistleblower. Fonti della stampa Usa parlano di un analista della Cia.
Per chiarire la vicenda e capire se potrebbe avere conseguenze ancora più gravi, la presidente della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi ha aperto un’inchiesta preliminare in vista della procedura di impeachment. Il 3 ottobre Trump ha voluto rincarare la dose. Durante una conferenza stampa non solo ha difeso la legittimità del suo operato ma si è spinto oltre, chiedendo espressamente a Ucraina e Cina di indagare su Joe Biden e suo figlio Hunter.
L’editoriale di Joe Biden
Il vicepresidente dell’era Obama ha deciso di rispondere a Trump dalle pagine del Washington Post, affidando i suoi pensieri a un editoriale in cui scrive che il presidente: «Usa la carica più alta del Paese per avanzare i suoi interessi politici personali, un lasciapassare per fare ciò che vuole, senza doverne rendere minimamente conto». Biden rinvia la sfida al 2020, anno in cui conta di correre come candidato per il Partito Democratico. Un ruolo per cui dovrà ancora superare la selezione delle primarie: «Sappi che non me ne andrò, non distruggerai me e la mia famiglia, e nel novembre 2020 intendo suonartele di santa ragione».
Le accuse al collega di partito, Mitt Romney
Ex governatore del Massachusetts ed ex candidato repubblicano alla Casa Bianca, il senatore dello Utah Mitt Romney è uno dei senatori repubblicani che hanno criticato apertamente Trump per lo scandalo Ukrainegate: «In base a quanto è emerso, l’appello sfacciato e senza precedenti del presidente alla Cina e all’Ucraina di indagare Joe Biden è sbagliato e sconvolgente».
La risposta del presidente è arrivata su Twitter, con tanto di hashtag #impeachmittromney: «Sto sentendo che il grande popolo dello Utah sta pensando che il suo voto per il presuntuoso senatore Mitt Romney sia un grande errore. Sono d’accordo! È uno stupido che sta facendo il gioco dei democratici che non fanno nulla». La procedura di impeachment, però può coinvolgere solo il presidente, non i membri del Parlamento.
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