250mila giovani in meno in Italia in 10 anni: così si perde un punto percentuale del Pil
In quasi 10 anni circa 500mila italiani, di cui la metà tra i 15 e i 34 anni, sono andati via dal nostro Paese. La stima è che la fuga dei 250mila giovani sia costata 16 miliardi di euro, oltre un punto percentuale di Pil: è questo infatti il valore aggiunto che i giovani emigrati potrebbero realizzare se occupati nel nostro Paese. Sono i dati che emergono dal Rapporto 2019 sull’economia dell’immigrazione della fondazione Leone Moressa presentato oggi a Roma.
Tra le cause dell’esodo dei giovani, si legge, ci sono le «scarse opportunità occupazionali». L’Italia, infatti, registra «il tasso di occupazione più basso d’Europa nella fascia 25-29 anni: il 54,6% contro una media Ue del 75%». Nella stessa fascia d’età anche il tasso di Neet (ovvero di chi non studia e non lavora) è il più alto d’Europa: «30,9% a fronte di una media Ue del 17,1%».
Inoltre, il livello di istruzione dei nostri giovani è definito «molto basso»: tra i 25 e i 29 anni «solo il 27,6% è laureato, quasi 12 punti in meno rispetto alla media europea».
Le principali destinazioni di ragazzi e ragazze che dall’Italia vanno via, dai 18 ai 39 anni (i dati fanno riferimento al 2017) sono il Regno Unito con il 25%, seguito dalla Germania con il 17,3%, la Svizzera con il 9,3%, Francia con il 8,5%, Spagna con il 6,1%, Brasile con il 6% e Stati Uniti con il 4,8%. Più della metà dei giovani che decidono di andare all’estero ha oggi un’occupazione. Il tasso scende vertiginosamente in Italia, nella fascia dai 15 ai 24 anni: 17,7% se includiamo la popolazione straniera, 16,9% è la stima per la popolazione italiana al 2018.
E gli stranieri?
Secondo quanto emerge dal rapporto, nel 2018 i lavoratori stranieri in Italia erano 2,5 milioni, pari al 10,6% degli occupati totali. La ricchezza da loro prodotta è stimabile in 139 miliardi di euro pari al 9% del Pil. Gli occupati stranieri si concentrano nelle professioni non qualificate (33,3%), solo il 7,6% qualificate. Il restante 60% si divide quasi equamente tra operai, artigiani-commercianti e impiegati.
La popolazione italiana sta diminuendo: si fanno pochi figli (mediamente 1,32 per donna) e il saldo tra nati e morti è negativo da oltre 25 anni. Calano i giovani e aumentano gli anziani: l’Istat prevede che nel 2038 gli over 65 saranno un terzo della popolazione. Ciò determinerà squilibri sociali, economici e finanziari, dato che proporzionalmente diminuiscono i lavoratori e aumentano i pensionati.
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