Brexit, gelo da Sassoli e da Merkel sul nuovo accordo: «Impossibile». Johnson: «Usciremo da Ue il 31 ottobre»
Da Bruxelles arriva una fumata nera. L’accordo presentato dal premier inglese Boris Johnson sulla Brexit sembra destinato a naufragare. «Sostanzialmente impossibile», sono queste le parole che secondo fonti di Downing Street avrebbe usato Angela Merkel per descrivere le nuove proposte di Boris Johnson. Il colloquio tra la cancelliera tedesca e il leader inglese sarebbe naufragato in un nulla di fatto. Merkel ha chiesto all’inquilino di Downing Street un cambio di approccio da parte di Londra sul nodo del backstop in merito al confine irlandese. Un no che ha portato Johnson a dire che i negoziati «sono vicini alla rottura».
La chiusura del parlamento
Come annunciato giorni scorsi dal premier Johnson, il Parlamento britannico ha sospeso i suoi lavori dall’8 ottobre fino al 14 ottobre in vista del Queen’s Speech, il tradizionale discorso di fine anno parlamentare in cui la regina legge, a Camere riunite, il programma del governo per i mesi successivi. L’atto di sospensione (prorogation) – pur avvenendo nel pieno della crisi sulla Brexit, con i negoziati supplementari fra Londra e Bruxelles sull’orlo di un fallimento in attesa solo di essere formalizzato – questa volta non pare suscettibile di polemiche particolari o di ricorsi giudiziari, dopo quello precedente di ben 5 settimane dichiarato alla fine “illegale e nullo” dalla Corte Suprema nei giorni scorsi. Una durata di sei giorni rientra infatti nei tempi e nelle prerogative governative ordinarie previste dalla prassi istituzionale britannica per la circostanza.
La rabbia di Tusk
A tre settimana dalla data prevista per l’uscita del Regno Unito dalla Ue , quella del 31 ottobre, Londra è sempre più lontana da un compromesso con Bruxelles. Furibondo anche il presidente uscente del Consiglio europeo, Donald Tusk, che in un tweet ha attaccato il premier Johnson, accusandolo di voler vincere «un qualche stupido gioco dello scaricabarile” mettendo a rischio «la sicurezza e gli interessi» dei cittadini dell’Unione Europea e del Regno Unito.
Sassoli contro un accordo a tutti i costi
Anche il Parlamento europeo ha respinto l’ipotesi di un «accordo a tutti i costi» con Londra per la Brexit. «Devo constatare – ha sottolineato il presidente del Pe David Sassoli in una nota – che non ci sono progressi. Com’è noto, qualsiasi accordo raggiunto tra l’Ue e il Regno Unito deve ottenere non solo il voto positivo della Camera dei Comuni, ma anche l’approvazione del Parlamento europeo; pertanto, è fondamentale che il primo ministro britannico abbia potuto sentire, direttamente dal Parlamento europeo, quale sia l’orientamento di quest’ultimo verso la Brexit». «Pensiamo – ha aggiunto – che una Brexit ordinata, un’uscita del Regno Unito con un accordo, sia di gran lunga il miglior risultato. Come ho spiegato al Primo Ministro Johnson – ha continuato Sassoli – il Parlamento europeo non accetterà un accordo a tutti i costi. Non accetteremo nulla che possa minare l’accordo del Venerdì Santo e il processo di pace, o compromettere l’integrità del nostro mercato unico. Abbiamo esaminato le proposte presentate dal Regno Unito come alternativa al backstop originale: la nostra risposta è che esse ci appaiono molto lontane da qualsiasi ipotesi che il Parlamento potrebbe approvare. Inoltre non sono immediatamente applicabili. Ci sono due alternative a un accordo in questo momento: estensione o nessun accordo».
La risposta di Johnson
Parole a cui ha risposto immediatamente il premier britannico. Johnson ha ribadito al presidente del Parlamento europeo che che il Regno Unito uscirà dall’Ue il 31 ottobre, con o senza accordo. Il premier Tory, secondo la nota, ha ripetuto all’ospite di essere pronto anche al no deal, gettando su Bruxelles la responsabilità se accettare o meno di negoziare le sue proposte alternative al backstop. Proposte che, a suo dire, rispettano gli accordi di pace irlandesi del Venerdì Santo 1998. Quanto ai cittadini Ue residenti nel Regno, Johnson ha evidenziato «l’offerta generosa» fatta da Londra sul mantenimento dei loro diritti post Brexit e ha sfidato i governi dei Paesi europei ad assicurare un atteggiamento «di reciprocità» verso i cittadini britannici espatriati.
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