Ilaria Cucchi a 10 anni dalla morte di Stefano: «Forse un rimorso ce l’ho: non aver buttato giù quella porta quando stava in ospedale»
Il 22 ottobre saranno passati dieci anni dalla morte di Stefano Cucchi, ma oggi in Campidoglio è stato presentato il quinto Memorial dedicato al giovane, che si svolgerà il 12 e 13 ottobre a Roma. Alla presentazione era presente, come sempre, la sorella Ilaria che ha ricordato come gli ultimi dodici mesi siano stati importanti per far luce sui fatti che hanno portato alla scomparsa del fratello. «Questo sia l’anno del cambiamento e della svolta – ha detto Ilaria Cucchi – non solo perché è il decennale ma perché finalmente nelle aule giudiziarie dove ci siamo battuti per anni è entrata forte e chiara la verità che a noi però era chiara già dall’ottobre del 2009».
In merito alla manifestazione in ricordo di Stefano, la sorella ha voluto ricordare quanto siano importanti occasioni di questo tipo: «È per me un appuntamento irrinunciabile, è un meraviglioso evento, e molto di più: è la maniera con cui la società civile si unisce alla nostra famiglia per non farci sentire soli». Una manifestazione che però non si deve immaginare, secondo Ilaria Cucchi, utile soltanto per manifestare vicinanza alla famiglia: «Non far sentire sola la nostra famiglia però – ha aggiunto – significa anche dare un segnale forte e chiaro per tutti gli altri Stefano, gli ultimi di cui non dobbiamo dimenticarci per costruire una società migliore. Quello che facciamo è un segno di speranza».
Durante un’intervista al quotidiano Leggo, prima della presentazione del Memorial, alla domanda se si sentisse di aver fatto tutto quello che era nelle sue possibilità per evitare la tragica fine del fratello, ha risposto: «Forse un rimorso ce l’ho. Quello di non aver buttato giù quella porta quando Stefano stava in ospedale. Ma ero un’altra donna, più giovane, più ingenua. Mi fidavo dello Stato». Ha poi spiegato come ha raccontato ai suoi figli quello che è successo a Stefano: «Ai miei ragazzi ho detto la verità. Che ci sono stati dei carabinieri che hanno sbagliato con una crudeltà disumana. Ma ho detto loro che non tutte le persone che indossano una divisa sono così. Dobbiamo continuare ad avere il diritto di credere in quel che rappresentano le forze dell’ordine».
Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, presente anch’egli in Campidoglio, ha voluto dedicare un ricordo ai due poliziotti uccisi all’interno della questura di Trieste lo scorso venerdì che a lui e alla famiglia Cucchi «ha dato grande dolore. Chi fa polemiche sulle nostre battaglie per avere giustizia e le associa a queste vittime – ha chiarito – fa macelleria emotiva e umana». «Noi non siamo contro nessuno, noi siamo per le persone, per gli ultimi e anche per queste persone in divisa – ha aggiunto Anselmo -. Tirare in ballo le nostre battaglie sfruttando l’onda emotiva di questi assassinii è da macellai. È una cosa che travolge e manca di rispetto anche alle famiglie dei poliziotti. L’associazione Cucchi è un momento di gioia, è per il diritto alla vita, per l’uguaglianza davanti alla legge. Tutti dobbiamo essere processati ugualmente, anche se siamo in divisa o in camice. Siamo vittime non se veniamo processati – ha concluso l’avvocato – ma se i nostri diritti vengono negati».
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