Consulta, riparte la discussione sull’omogenitorialità. Come funziona all’estero
Tutto nasce dalla richiesta da parte di Giulia Garofalo Geymonat, 41 anni, di essere iscritta in qualità di madre sul certificato di nascita del figlio della moglie Denise Rinehart. L’ufficiale dell’anagrafe respinse la richiesta, sostenendo che in Italia la legge non prevede la presenza di due persone dello stesso sesso su un atto di nascita. In Italia la legge sulle unioni civili del maggio 2016 – nota come la Legge Cirinnà, senatrice del Partito Democratico, promotrice e prima firmataria della norma – infatti non conferisce il diritto alle coppie omosessuali di essere riconosciute come genitori. Il tribunale di Pisa, a cui le due donne hanno fatto ricorso, si è rivolto alla Consulta per avere una risposta in merito. Adesso la Corte Costituzionale si esprimerà sulla loro richiesta. Nel nostro ordinamento il figlio di uno dei componenti della coppia omosessuale “unita civilmente” è figlio soltanto della donna che lo ha partorito o del padre che lo ha concepito, anche se nei fatti la stepchild adoption più volte è stata autorizzata dalla giurisprudenza italiana. Ma come funziona all’estero?
Gli Stati Uniti
Giulia Garofalo Geymonat e Denise Rinehart si sono sposate nello Stato dell’Illinois, negli Stati Uniti. Alcuni Stati lo permettevano dai primi anni duemila, ma con una sentenza della Corte Suprema del 2015, il matrimonio omosessuale è diventato legale in tutto il Paese, spalancando le porte anche all’adozione da parte di coppie omosessuali. Gli aspiranti genitori hanno però dovuto fare i conti con le leggi statali che vietavano l’adozione da parte delle coppie Lgbtq+. In tal senso è stata decisiva la sentenza emessa da un giudice federale, Daniel Jordan, con la quale veniva abrogato un divieto sulle adozioni omosessuali previsto nell’ordinamento del Mississippi, perché ritenuto in contrasto con la decisione della Corte Suprema dell’anno precedente. Insomma, l’adozione veniva così riconosciuta come un diritto di tutte le coppie unite nel matrimonio.
L’Ue
La prima nazione al mondo a legalizzare il matrimonio omosessuale è stata (anzi dovremmo dire sono stati) i Paesi Bassi, nel 2000. D’allora sono diversi i Paesi europei che hanno seguito l’esempio: il Belgio (2003), la Spagna (2005), la Svezia (2009), il Portogallo (2010), la Danimarca (2012), la Francia (2013), il Regno Unito (Inghilterra e Galles nel 2013, la Scozia nel 2014), Lussemburgo e l’Irlanda nel 2015. A questi si sono aggiunti Malta, la Finlandia e la Germania nel 2017 e infine l’Austria nel 2019. L’Italia è l’unico paese dell’Europa occidentale a mancare all’appello. In molti di questi Paesi dove il matrimonio omosessuale è legge, è anche permessa l’adozione. Le eccezioni riguardano Paesi come la Solvenia e l’Estonia dove, come in Italia, esistono le unioni civili per coppie Lgbtq+, ma non il matrimonio. In Croazia è permesso diventare tutore legale dei figli dei rispettivi partner, mentre in Grecia, come in Italia, le coppie omosessuali unite civilmente possono prendere in affidamento, ma non adottare i figli del proprio compagno o compagna.
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