Russiagate, ipotesi piano B per Conte: promuovere Gennaro Vecchione come autorità delegata ai servizi
La partita più semplice, tutto sommato, sembra essere quella che andrà in scena oggi pomeriggio. C’è un accordo sulla scelta del nuovo presidente del Copasir (che appunto deve essere eletto oggi): Raffaele Volpi, leghista che ha buoni rapporti con gli ex membri del comitato che sono ai vertici della Difesa – leggi Angelo Tofalo (M5s) e Lorenzo Guerini (Pd) – e, allo stesso tempo, è uomo di fiducia di Giancarlo Giorgetti.
La notizia era stata anticipata dal Messaggero, ma già ieri erano in molti a confermare. Adolfo Urso ha accettato infine di cedere il passo, sebbene la sua candidatura fosse stata fortemente sponsorizzata da Giorgia Meloni.
Cosa succederà poi?
Entro la settimana successiva, Giuseppe Conte sarà convocato proprio al Copasir per riferire a proposito dei due incontri (uno ad agosto ed uno a settembre) tra i vertici dei servizi dei segreti italiani da un lato e il ministro della giustizia Usa William Barr, accompagnato dal procuratore Durham, dall’altro.
Cosa dirà Conte?
Ieri il presidente del Consiglio si è mostrato molto sicuro, in una occasione estremamente formale come i nuovi “reclutamenti” nella sede del Dis, dei suoi rapporti coi servizi e della forma del suo operato. Informalmente ha smentito l’ipotesi di una collaborazione vera e propria dei nostri 007 con gli Usa. In nessuno degli incontri i servizi italiani si sarebbero messi a disposizione delle richieste delle autorità politiche americane, è la versione accreditata.
Agli americani sarebbero state date le poche notizie che gli italiani avevano già raccolto in precedenza a proposito di Joseph Mifsud, maltese, frequentatore della Link University, il primo ad aver detto che le autorità russe erano in possesso di notizie su quante e quali mail “riservate” e “compromettenti” di Hillary Clinton sarebbero finite negli archivi digitali del Cremlino.
Non solo: i messaggi sibillini di Conte dicono che egli stesso avrebbe detto di sì all’incontro chiesto dal ministro americano perché voleva sapere come si fossero comportati i servizi italiani. Non è l’unico messaggio ai naviganti che ha dato nelle ultime ore: nei giorni scorsi aveva fatto riferimento anche alle “guerre interne ai servizi”.
A cosa si riferisce il premier? Al fatto che secondo alcune fonti, accreditate dalle multiple interviste rilasciate da George Papadoupolous, i governi precedenti alle elezioni del 2018 (Renzi e Gentiloni) avrebbero aiutato i democratici nel tentativo di screditare l’allora neoeletto Donald Trump. Vero o non vero lo diranno, forse i prossimi giorni visto quanto questa storia c’entra con la campagna di Trump per il 2020. Certo è che il segnale di Conte è chiaro e non a caso Renzi sta dicendo da giorni che il premier dovrebbe mollare la delega all’intelligence che per il momento ha tenuto per sé.
Qui scatta, appunto, l’ipotesi di piano B che il premier avrebbe in mente, da mettere in campo non ora ma quando la tempesta si sarà placata: chiamare come autorità delegata l’attuale capo del Dis Gennaro Vecchione (che gode della sua ampia stima personale e professionale) nominando a capo dei servizi segreti l’attuale capo della polizia, Franco Gabrielli. Gabrielli non è tecnicamente in scadenza, ma è chiaro che prima o poi non gli dispiacerebbe tornare nei servizi (ha guidato l’allora Sisde dieci anni fa) con un ruolo che coronerebbe la sua carriera.
Conte potrebbe fare una mossa che lo mette a riparo delle polemiche, ma affidando la delega ad una figura tecnica. Insomma tutto quadrerebbe. Ovviamente, però, se la scelta sarà davvero questa arriverà non prima che la bufera di queste settimane sia passata.
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