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Usa-servizi segreti, Conte in difficoltà. Il premier riferirà al Copasir

09 Ottobre 2019 - 21:45 OPEN
L’intricata spy story che intreccia le vicende americane con l’Italia, la crisi di governo e quel che ancora il premier Conte non ha spiegato del tutto

Palazzo Chigi è intervenuto per chiarire la posizione di Conte sulla vicenda del Russiagate. «Ogni giorno la Presidenza del Consiglio sarebbe costretta a smentire numerosi articoli che – attraverso ricostruzioni fantasiose e spesso non verificate – veicolano notizie infondate. Ma il Presidente del Consiglio ha già espresso in più occasioni la propria disponibilità a riferire al Copasir», chiariscono alcune fonti di Palazzo Chigi in una nota.

«Nei tempi che lo stesso Comitato riterrà opportuni. In quella occasione il Presidente del Consiglio, nella massima trasparenza, informerà il Copasir, e solo successivamente gli organi di informazione».

La vicenda

Tra pochi giorni il presidente del consiglio Giuseppe Conte dovrà riferire al Copasir (l’acronimo per Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) su un caso internazionale che rischia di provocare una grave crisi anche nel nostro paese.

Si tratta del via libera dato dalle autorità italiane a una doppia missione segreta dell’amministrazione americana, che ha portato a Roma in missione segreta a Ferragosto il ministro della Giustizia (Attorney General) Barr per incontrare – del tutto irritualmente – il nostro responsabile dei servizi, il direttore del Dis (Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza), generale Vecchione, e poi in una seconda visita settimane dopo, il 27 settembre, anche i due capi delle Agenzie di Informazioni e Sicurezza Esterna (Aise) e Interna (Aisi), generali Carta e Parente.

La controindagine di Barr

Il fatto è che Barr, e i suoi collaboratori al ministero della Giustizia americano (il Department of Justice), stanno svolgendo un’indagine internazionale su una vicenda che riguarda politicamente Trump, e cioè i supposti tentativi di avvelenamento della scorsa campagna presidenziale Usa nel 2016. Insomma, in contrapposizione con la famosa inchiesta del Russiagate guidata dal superprocuratore Mueller, questa indagine direttamente promossa dalla Casa Bianca parte dall’ipotesi che si sia voluto far credere attraverso falsi documenti che la Russia tre anni fa lavorasse per screditare Hillary Clinton e favorire Trump, e che a questo si siano adoperati anche governi alleati, tra cui quello italiano.

I misteri su Papadopoulos e Mifsud

Ma c’è un altro motivo per cui quest’indagine si concentra anche sull’Italia: qui avvenne l’incontro tra George Papadopoulos e il misterioso professore maltese John Mifsud. Papadopoulos era un collaboratore della campagna elettorale di Trump, e Mifsud uno studioso di intelligence che insegnava alla Link University di Roma, crocevia di esperti di spionaggio e controspionaggio, e fatalmente quindi considerata luogo di segreti e di servizi. Mifsud avrebbe parlato a Papadopoulos di migliaia di email compromettenti dell’ufficio della Clinton (ex segretario di stato con Obama) finite in mano ai russi e pronte a essere usate. Una “polpetta avvelenata”, come si dice nel gergo degli 007. Mifsud sarebbe quindi un teste importante: ma è scomparso nel nulla da due anni, tra mille voci contrapposte. Proprio questo sarebbe stato il soggetto principale degli incontri romani del ministro della giustizia Usa. O forse non solo questo?

La missione a Roma

Al di là delle discrepanze nella ricostruzione logistica da parte delle fonti (i giornali americani parlano di incontri nell’ambasciata americana di via Veneto, mentre i nostri servizi fanno sapere che i colloqui si sono svolti tutti nella loro sede di piazza Dante) e riguardo a un fantomatico nastro con la testimonianza dello stesso Mifsud (che per le fonti americane sarebbe stato fatto ascoltare a Barr dai capi dei nostri servizi, che invece assicurano di non averlo, e che semmai è stato portato all’Attorney General dall’avvocato del professore maltese) resta una questione di fondo. Questa:

Chi chiese a Conte il via libera per la missione di Barr a Roma? Lo fece forse Trump personalmente, come è avvenuto per la stessa indagine con il premier australiano Scott Morrison? E chiunque sia stato l’interlocutore americano, avvertì il nostro presidente del consiglio degli scopi dell’inchiesta? E a sua volta Conte chi ha cointeressato della richiesta americana? In Italia il presidente del consiglio non è il primo ministro ma guida un organo collegiale, anche se sulle scelte concernenti i servizi segreti Conte ha tenuto per sé la delega specifica. Una delega politicamente pesante, che mal si concilia col suo ruolo di premier tecnico, non eletto, anche nel precedente governo gialloverde.

Già, perché tutto avviene nella fase finale della vita dell’esecutivo M5s-Lega. E quindi contano anche le date: quando parte la richiesta Usa per la missione del 15 agosto? Solo 5 giorni dopo Conte al Senato attacca Salvini seduto accanto a lui e poi va a dimettersi da Mattarella. Passano altri 4 giorni e Conte incontra il presidente americano Trump nell’ormai famoso G7 di Biarritz in Francia. Non si è parlato, nei 20 minuti di colloquio riservato tra i due, dell’inchiesta Barr? I più malevoli ricordano che solo 48 ore dopo Trump scriverà il famoso tweet di endorsement a “Giuseppi”.

Le poche certezze

Ma torniamo ai dati certi. Il nostro presidente del consiglio ha parlato genericamente di passaggi per le vie diplomatiche: strano, perché secondo il New York Times una parte della diplomazia americana a Roma e della stessa intelligence era ignara della visita di Ferragosto. Oggi sappiamo inoltre che la seconda missione di Barr è stata preparata alla vigilia da una riunione tra lo stesso Conte, Vecchione, Carta e Parente, svoltasi il 26 settembre. Era successo qualcosa di simile anche per la prima.

Di tutto ciò Conte non ha mai avvertito nessuno? Non ha avvertito il Copasir, che sicuramente non si è potuto riunire dal 5 settembre, quando il suo presidente, Guerini, è diventato ministro della difesa, dimettendosi quindi dal Comitato. Ma altrettanto sicuramente era operante fino a quel giorno. È che aveva tutte le competenze per essere coinvolto. Come si legge nel sito istituzionale del governo italiano «il Copasir verifica in modo sistematico e continuativo che l’attività del sistema di informazione per la sicurezza si svolge nel rispetto della Costituzione e delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni. Per l’esercizio di questo compito, la legge ha attribuito al Comitato incisivi poteri di controllo e funzioni consultive».

E poi il punto decisivo: «Il presidente del consiglio dei ministri e il Dis sono tenuti a rendere al Copasir una dettagliata serie di comunicazioni». Quella relativa alla doppia missione di Barr lo meritava sicuramente.

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