Milano: in strada i giovani di Hong Kong e quelli della contromanifestazione pro-Cina
Una manciata di ragazzi di Hong Kong, circondati dagli italiani che sono venuti a sostenerli. Portano gli occhiali scuri e una mascherina per non farsi riconoscere. L’ultima volta che avevano organizzato una manifestazione a Milano un gruppo di giovani cinesi li aveva aggrediti avvicinando i telefoni al loro visi e minacciando di diffondere le immagini oltreoceano.
Tra loro c’è Publius (pseudonimo che usa per paura di ripercussioni), 23enne bocconiano di Hong Kong, in Italia da tre anni. «Siamo diventati il primo posto nel mondo ad opporsi alla Cina», spiega il ragazzo, «e l’abbiamo fatto per difendere la nostra libertà di parola, di associazione, di espressione».
A pochi metri e una fila di poliziotti da lui c’è Cao Ruopu, ragazzo cinese di 22 anni, studente della Marangoni e modello. Ci racconta che è appena uscito dalla sfilata di Gucci. Non ha paura a mostrarsi a volto scoperto, lui. Spiega che i manifestanti a Hong Kong sono manipolati dall’estero, che stanno usando la violenza anche contro i civili. «Noi li amiamo molto e loro vogliono dividere il nostro Paese», dice.
Due visioni opposte che si trovano faccia a faccia di fronte a Parco Sempione, a migliaia di chilometri da dove, anche oggi, i cittadini manifestano contro l’ingerenza cinese. Due studenti di prestigiose università italiane per cui la parola «democrazia» ha due significati completamente diversi.
«La democrazia è una questione di cultura» spiega Ruopu, «il governo cinese ci protegge e abbiamo la libertà: la democrazia come la concepiscono gli occidentali non dovrebbe essere imposta a tutti i Paesi». Due settimane fa Ruopu si era avvicinato ai sostenitori di Hong Kong e li aveva minacciati: «Siete molto fieri di voi vero? Sapete come usare la vostra faccia vero?» gli aveva chiesto dopo averli fotografati.
Da dietro gli occhiali specchiati e la mascherina azzurra, Publius spiega che a Hong Kong, dov’è nato e cresciuto «abbiamo i valori democratici ma non la democrazia». Il Parlamento della città è infatti solo parzialmente eletto dai cittadini. L’altra parte è composta da rappresentanti dei diversi settori economici, «che ora sono eletti su istruzione della Cina», racconta.
«Cinque anni fa eravamo in strada a protestare contro gli speculatori immobiliari che stanno facendo schizzare alle stelle il prezzo delle case», afferma il ragazzo «capiamo quali sono i limiti del capitalismo, Hong Kong è uno dei posti al mondo dove le disuguaglianze sono più profonde. Ma ora siamo arrivati a sostenere il nostro libero mercato capitalista pur di sottrarci al controllo cinese e al suo capitalismo di Stato».
Sui cartelli di chi sostiene i manifestanti di Hong Kong alcuni dei punti che i manifestanti invocano da settimane: il ritiro della legge sull’estradizione, un’inchiesta sulle violenze poliziesche, il suffragio universale (Non la secessione dalla Cina, che non figura tra le rivendicazioni della contestazione). Dall’altra, foto che ritraggono gli scontri tra manifestanti e polizia e la scritta «attaccare la polizia dovrebbe essere contestato e punito».
A un certo punto la situazione si scalda, i due gruppi si avvicinano, le forze dell’ordine devono intervenire per trattenere un uomo prima che questo si scagli contro il gruppo pro-Hong Kong. Poi torna la calma. I ragazzi di Hong Kong si avviano verso la metro. Coperti, in gruppo, scortati dagli organizzatori.
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