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Tokyo 2020, Bebe Vio lancia la sua “crew paralimpica”: «Ci siamo tutti rotti di parlare solo di me e Zanardi»

12 Ottobre 2019 - 18:07 Redazione
«Ci sono poche facce rappresentative dello sport italiano paralimpico. Il nostro obiettivo è far uscire altre storie», dice l'iridata campionessa del fioretto

«Un po’ di anni fa, quando ho avuto la malattia io, bisognava tornare a far sport perché la vita in ospedale, e quando esci dall’ospedale, non è facilissima. Si ricomincia veramente a vivere nel momento in cui ritorni in palestra e ritorni a far sport». A dirlo è la campionessa paralimpica, mondiale ed europea di fioretto individuale Beatrice Vio, a margine della seconda edizione del Festival dello Sport a Trento. Vio ha presentato il suo progetto “Fly2Tokyo”, che raccoglie in un’unica associazione onlus 24 atleti paralimpici, la metà dei quali ha serie possibilità di staccare il pass per le prossime paralimpiadi di Tokyo 2020. «Io ho sempre fatto scherma, alcuni di loro facevano già sport prima e altri hanno cambiato disciplina quando sono diventati atleti paralimpici – prosegue Vio – La cosa bella è che si rinasce completamente, si ricrea anche l’ambito familiare, perché quando il figlio fa sport si torna ad avere tutti degli obiettivi. Da qui è nata ‘All4sport’, l’associazione onlus creata dai miei genitori». 

Com’è nato il progetto Fly2Tokyo

Beatrice “Bebe” Vio presenta il progetto “Fly2Tokyo”, Festival dello Sport Facoltà Lettere Trento, 12 ottobre 2019 / Foto: Domenico Salmaso

«Il progetto Fly2Tokyo  è nato perché ci eravamo un po’ rotti di me o Zanardi: ci sono poche facce rappresentative dello sport italiano paralimpico. Il nostro obiettivo è far uscire altre storie, anche più belle delle nostre». Il progetto è raccoglie diverse unicità. «Siamo atleti tutti amputati da qualche parte e lo scopo per tutti quanti è quello di arrivare alla Paralimpiadi di Tokyo 2020. Facciamo tutti sport diversi: abbiamo un po’ di atletica, triathlon, scherma, nuoto, basket e altre discipline», spiega Bebe Vio. «La cosa bella – prosegue Vio – è che dopo le paralimpiadi di Rio, adesso non si parla più di una persona con disabilità che fa sport per divertirsi, ma son tutti atleti. Gente che fa questo di lavoro, gente che veramente dedica la sua giornata a fare due – tre sessioni di allenamento al giorno e quindi per forza di cose abbiamo un sogno così grande e un obiettivo così grande». «È difficilissimo arrivare alle paralimpiadi e riuscire a ottenere una medaglia, ma stiamo lavorando molto tutti i giorni per riuscire a realizzare questo sogno. Io, Edoardo (Giordan, ndr) e Veronica (Plebani, ndr) abbiamo già fatto una paralimpiade e quando vivi un’emozione così grande, che è molto più grande di te, vivi il sogno di una vita».

Chi sono gli altri atleti del team 

Bebe Vio con gli atleti paralimpici al Festival dello Sport Facoltà Lettere Trento, 12 ottobre 2019 / Foto: Domenico Salmaso

Oltre a Bebe Vio erano presenti altri atleti paralimpici (Riccardo Bagaini, Marco Pentagoni e Lorenzo Marcatognini per l’atletica, Vittoria Bianco per il nuoto, Edoardo Giordan, Emanuele Lambertini e Davide Obino per il basket in carrozzina e Veronica Plebani per il triathlon) che hanno raccontato le loro storie. «Questi ragazzi sono un orgoglio della grande famiglia paralimpica. Ma anche di tutto il Paese. Perché è grazie a persone e ragazzi come loro che il Paese cambia la propria mentalità, il proprio modo di pensare. E grazie a gente come questi ragazzi accadrà, fra qualche anno, che non ci sarà più distinzione. Non ci saranno disabili, o non disabili, ma solo persone», ha commentato in chiusura della presentazione Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico. 

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