La ricetta di Fioramonti per salvare la scuola italiana: dai «100 euro in più ai prof» all’educazione ambientale
Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, ex professore ordinario di Economia politica, sembra avere le idee chiare ed è disposto a mettere in discussione il suo mandato pur di rilanciare l’istruzione nel nostro Paese. Dall’aumento degli stipendi ai docenti al rilancio della ricerca di base, dalla tassa sulle merendine all‘educazione civica che diventerà «ambientale» («Pianteremo due alberi in ogni scuola d’Italia»).
Serviranno 3 miliardi: questo l’obiettivo che si è posto il ministro del M5s sulle pagine di Repubblica. Insomma, zero tagli e più risorse a scuola, università e ricerca.
La tassa sulle merendine
Tra le proposte più discusse c’è, senza dubbio, quella della tassa sulle merendine che però, già in passato, ha ricevuto il no dagli esponenti del governo giallorosso. Fioramonti non molla: «Si fa un’operazione di salute, si trovano risorse interessanti per l’istruzione e si possono detassare altri beni necessari e sani».
«Nelle macchinette presenti nelle scuole troviamo bevande gassate, non kiwi o lattuga. È un dovere intervenire», ha aggiunto il ministro spiegando di essere pronto a «limitare l’azione delle multinazionali promuovendo, invece, i prodotti a chilometro zero».
Gli stipendi dei prof
Il miglioramento dell’istruzione pubblica passa anche dal miglioramento delle condizioni di lavoro dei docenti. «Abbiamo avviato un concorso ordinario e uno straordinario per i docenti. Da settembre 2020 avremo una scuola meno precaria e in tempi brevi ridurremo i supplenti da 170mila a 100mila», ha spiegato. E c’è di più: la legge di stabilità servirà per «rinnovare il contratto degli insegnanti e aumentare i loro stipendi, i più bassi d’Europa, di almeno 100 euro lordi».
Rilancio dell’università
Rivoluzione anche nelle università italiane dove il ministro Fioramonti proporrà «l’arruolamento di ricercatori e docenti con un sistema doppio: metà dei posti su concorso nazionale, l’altra metà per chiamate dirette». Un’università che, senza mezzi termini, ha definito «sottofinanziata e sfinita dalla burocrazia»
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