Strage di Bologna: perizia Dna svela che i resti non sono di Maria Fresu, morta durante l’attentato
Il processo all’ex Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari) Gilberto Cavallini fa emergere un altro punto oscuro sulla strage di Bologna (attentato commesso il 2 agosto 1980). La perizia del Dna ha escluso che i resti che sono stati attribuiti a Maria Fresu appartengano effettivamente alla donna rimasta uccisa dalla bomba alla stazione.
Questa notizia, così come riportata da Adnkronos, confermerebbe da una parte la scomparsa del cadavere della Fresu, dall’altra l’esistenza di un’altra vittima, che si aggiungerebbe alle 85 del bilancio ufficiale. Vittima della quale nessuno, almeno fino ad oggi, ha reclamato il corpo.
L’esame del Dna
L’esame del Dna è stato eseguito su reperti organici ritrovati all’interno della bara di Maria Fresu i cui resti sono stati riesumati, il 25 marzo scorso, nel cimitero di Montespertoli nell’ambito del processo all’ex terrorista Gilberto Cavallini.
Il materiale organico esaminato non ha trovato riscontri con il Dna del fratello e della sorella della Fresu.
I dubbi
Una perizia che si è resa necessaria per fare luce sulla morte della giovane madre scomparsa nella strage di Bologna e che hanno fatto ipotizzare – a coloro che non credono alla pista fascista (per la strage sono condannati in via definitiva gli ex Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) – l’esistenza di una 86sima vittima, secondo alcuni potrebbe essere la terrorista che trasportava l’ordigno, una valigia esplosiva.
Il corpo di Maria Fresu
La richiesta della perizia sul Dna, che era stata avanzata dalla difesa dell’ex terrorista Cavallini, è legata a una presunta “disomogeneità” tra i resti attribuiti alla vittima nel 1980 e quelli campionati dopo la riesumazione.
Del corpo di Maria Fresu, inoltre, furono ritrovate soltanto una mano con tre dita, uno scalpo con lunghi capelli neri, un osso mandibolare con tre denti, le due arcate sopraccigliari e un occhio. Ad attribuire quei pochi resti alla donna fu un medico, il professor Pappalardo, che, all’epoca dei fatti, per far quadrare i conti che non tornavano sul gruppo sanguigno della ragazza, parlò di “secrezione paradossa”, tesi poi giudicata infondata da altri ematologi.
Da qui il dubbio: e allora se quei resti non dovessero essere davvero della Fresu e visto che nessuno dei cadaveri delle donne sfigurate ha un gruppo sanguigno compatibile, a chi appartengono? A un’altra vittima, alla 86esima mai identificata?
«La cosa è talmente intricata, probabilmente sono avvenuti scambi di corpi o di pezzi di corpi», dice all’Adnkronos Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna. «Parlare di 86esima vittima penso sia un po’ azzardato. Io non sono un esperto di Dna. Vediamo cosa diranno i periti in aula e si faranno le valutazioni».
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