Esclusivo – E dietro le dispute sulla Manovra nata morta già si rischia la fine del Conte 2
Direbbe un vecchio saggio che quando un governo nasce senza accordi politici la sua sorte è già segnata. È quello che rischia di accadere al Conte Bis o Due. E del resto il disordine politico di questo esecutivo, dopo solo un mese e mezzo di vita, ha per emblema proprio il premier che gli dà il nome: Conte fu scelto insieme da Di Maio e Salvini, è stato reimposto da Grillo e ora è sorretto solo dal Pd. Ma è vero anche che alla convention dei 5 stelle a Napoli solo pochi giorni fa Conte è stato accolto come una star.
Ecco, il problema è proprio questo: che ci sono ormai DUE M5s, il primo che ha un capo politico e una linea che passa attraverso i canali ufficiali del Movimento, e che ieri dal Blog delle Stelle ha sparato a alzo zero sulla manovra; e un M5s parallelo, che spalleggia e protegge Conte da Palazzo Chigi con Rocco Casalino, e che ha la benedizione di Grillo e Casaleggio jr.
Questa netta divaricazione è nota a tutti nel Movimento, e ha già portato alle evidenti spaccature nella scelta dei capigruppo parlamentari. E come sempre avviene in ogni forza politica, chi non è stato valorizzato dall’uno va dalla parte dell’altro.
Le spinte sono diversissime: per Giuseppe Conte l’obiettivo è qui e ora, far bene con questo governo. Mentre per Di Maio è tornare a vincere nelle prossime elezioni, nel redde rationem con l’ex alleato di ferro diventato nemico mortale, Matteo Salvini. Così il premier che governa in asse con Franceschini e Gualtieri cavalca le misure “di sinistra”, quelle che tassano ma (nelle intenzioni) redistribuiscono.
Mentre il ministro degli Esteri vede in esse il rischio sociale e politico di voltare le spalle al popolo delle partite Iva e del fronte anti-banche, in cui sguazza il leader leghista. Del resto fin dall’inizio della crisi d’agosto Di Maio tenta di frenare la corsa a sinistra dei gruppi parlamentari, con l’idea che al di là dell’odio verso il traditore Salvini la gran parte dell’elettorato del M5s abbia posizioni lontanissime da quelle di Pd e LeU. E un presidente del consiglio che le sposa in pieno non è in prospettiva il miglior manifesto elettorale.
In tutto questo Di Maio – che peraltro ha molto frenato sulle alleanze locali col Pd, prevedendo un cattivo esito del voto in Umbria tra una settimana – ha intanto trovato l’alleato più inatteso, Matteo Renzi. Un alleato indiretto, perché i due si sono sentiti una sola volta, quando l’ex premier gli annunciò la scissione dal Pd dopo aver telefonato anche a Conte. Ma siccome Renzi è ancora più severo (eufemismo) di Di Maio nel giudizio su Conte, e ha lo stesso interesse del capo politico M5s a ricordare che il governo si regge su una maggioranza parlamentare e non sulla popolarità personale del premier, ecco che le convergenze sono quotidiane.
L’ultima e la più forte e indicativa quella di ieri, quando sono passati solo pochi minuti tra la richiesta dal Blog delle Stelle di un vertice chiarificatore sulla manovra e il sì totale del coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato.
Il gioco delle parti può essere rischioso per il governo? Sì, lo è già. E se la manovra venisse stravolta nell’iter parlamentare i contraccolpi si vedrebbero subito. Non è un caso che in queste ore il dibattito si sia improvvisamente spostato sul “dopo”. Zingaretti fa sapere che se cade il governo non ce ne sarà un altro: si va al voto e basta.
Traduzione: così si vota ancora con l’attuale legge elettorale, il M5s senza alleanze finisce terzo e Renzi viene cancellato. Ma l’uomo della Leopolda ricorda ai suoi, e ha fatto sapere a Di Maio tramite Vincenzo Spadafora, che nei gruppi parlamentari del suo ex partito (con cui i contatti sono ancora ben solidi) i numeri per sciogliere le Camere non ci sono. E che se cadesse il Conte Due ci sarebbe spazio per un nuovo governo, direttamente di coalizione, guidato dal leader del partito con più voti in Parlamento…
E lui, Conte? Sta lavorando sodo, ha costruito una rete di rapporti internazionali di grande rilievo, accentua il suo profilo di leader sopra le parti, e i risultati nei sondaggi gli danno ragione. Ma sa che anche per questo si è fatto molti nemici. E lo insospettisce il silenzio quasi innaturale in vista della scadenza di mercoledì, quando riferirà al Copasir sulla scottante vicenda Usa-servizi segreti. Rischio di agguati?