Hillary Clinton contro la candidata dem: «È un asset russo»
Questo articolo è stato modificato seguito a una segnalazione. L’articolo conteneva un riferimento erroneo a un fantomatico account twitter di Clint Eastwood. Ci scusiamo con i lettori per l’errore
Lo schema secondo Hillary Clinton alle elezioni presidenziali del 2020 è lo stesso del 2016: un terzo candidato per togliere voti ai democratici e far vincere i repubblicani, ovvero Donald Trump. Sullo sfondo, nel ruolo di burattinaio, la Russia. Il burattino in questo caso sarebbe una candidata democratica alle presidenziali americane, l’ex militare e membro del congresso hawaiana Tulsi Gabbard, pronta a formare un nuovo partito (lei smentisce).
Un’accusa durissima quella di Clinton, che perse le presidenziali contro Donald Trump nel 2016, in parte – come è stato successivamente confermato dall’inchiesta di Robert Mueller, nota come Russiagate – anche per l’interferenza della Russia, sia tramite una campagna propagandistica online, sia attraverso l’hackeraggio dell’account email del partito democratico e dell’organizzazione che gestiva la campagna elettorale di Hillary Clinton, con l’intento di screditarla.
Ma alle presidenziali del 2016 c’era stato anche il caso di Jill Stein, candidata del partito dei verdi che aveva conquistato circa 1,5 milioni di voti potenzialmente destinati ai democratici, sospettata di aver legami con la Russia. Nuove elezioni, nuovi sospetti: «Non faccio previsioni, ma credo che loro (i russi, ndr) abbiano messo gli occhi su qualcuna che attualmente sta partecipando alle primarie democratiche e la stanno preparando a presentarsi come candidata di un terzo partito. È la favorita dei russi»
«Sì – ha dichiarato Clinton durante l’intervista – è un asset russo, perché sanno che non potranno vincere senza un candidato di un terzo partito. Non so che cosa succederà, ma vi garantisco che ci sarà una sfida poderosa negli Stati chiave dove i repubblicani ne hanno più bisogno e si stanno organizzando per sostenerla».
La reazione di Tulsi Gabbard
Naturalmente, la reazione di Tulsi Gabbard non si è fatta attendere, in televisione come sui social media dove ha “ringraziato” sarcasticamente Hillary Clinton. «Grazie Hillary Clinton. Tu, il capo dei guerrafondai, l’incarnazione della corruzione, la personificazione di tutto il marcio che da tempo avvelena il Partito democratico, finalmente sei venuta fuori allo scoperto. Dal giorno in cui ho annunciato la mia candidatura c’è stata una campagna per screditarmi. Finalmente so chi c’era dietro».
Le email private: nuove accuse
Nel frattempo un’indagine interna al Dipartimento di Stato ha individuato 38 persone – funzionari, attuali ed ex – che hanno commesso violazioni che hanno finito per aggravare l’utilizzo dell’email privato per fini lavorativi da parte di Hillary Clinton, così come è emerso durante la campagna per le presidenziali del 2016.
Circa 38 persone sono accusate di aver inviato in 91 casi informazioni considerate riservate alla mail personale (non lavorativa) di Clinton. Le violazioni sarebbero 588 in totale, ma è stato possibile accertare le responsabilità in 497 casi.
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