Leopolda 10, Pippo Civati: «Mi sembra che Renzi ricominci da capo: in purezza, come la grappa»
Nel 2010 Pippo Civati era sul palco della prima Leopolda, che organizzò insieme al ‘rottamatore‘ Matteo Renzi. Uscito dal Pd, fondò Possibile: alle elezioni del 2018 non è stato eletto. Da un anno ha fondato una casa editrice (People), ma la sua passione per la politica è intatta tanto da non escludere un ritorno in prima linea. Nel decimo avversario della kermesse fiorentina, gli abbiamo chiesto come ha trovato il suo ex amico. «Vedo un Renzi che ricomincia da capo, che vuole ripartire. Dal punto di vista della politica è interessante. Poi lui cerca di dire che è completamente nuovo… ma comunque mi pare abbia lo slancio del Renzi in purezza. Come la grappa diciamo».
La prima Leopolda nacque davvero da una telefonata tra lei e Renzi?
«Si è vero. Renzi aveva appena fatto quell’intervista sulla rottamazione e voleva dare un messaggio più positivo. Era la fine di agosto e mi chiamò per questo: io organizzavo degli incontri simili più simili alle convention, lui ci mise una gestione molto multimediale. Era una stagione politica molto particolare: c’era ancora Berlusconi al governo e un centrosinistra che aveva molti casini».
E adesso no?
«L’idea della prima Leopolda, che poi è cambiata negli anni, era di provare a costruire un’alleanza tra due mondi per provare a rinnovare le strutture non solo del Pd ma della politica. Una specie di Ulivo rinnovato…».
Alla prima Leopolda lei era sul palco, poi cosa successe?
«Ero andato alla seconda edizione per dire ‘siamo partiti tutti insieme, ma le svolte personalistiche sono pericolose e rischiano di avere un orizzonte breve’».
Una profezia di Civati?
«Forse ho portato sfortuna, ma non era mia intenzione».
Lei e Renzi volevate rottamare i ‘vecchi’ del Pd, come mai non ci siete riusciti?
«No ‘rottamazione’ è una parola sua, dei renziani. Io sono sempre stato civatiano. Diciamo che entrambi volevamo rinnovare e non avevamo tutti i torti, visto che nel centrosinistra ci sono ancora gli stessi protagonisti che c’erano allora».
Non crede di avere sbagliato a presentare l’arrivo dei giovani come la soluzione di tutti i mali del centrosinistra?
«La questione del ricambio si poteva e si pone. C’è una forma di controllo
da parte delle stesse ‘agenzie’ della politica che c’era anche allora, mi riferisco ad esempio a Franceschini e a Bersani. Avevamo la necessità di aprire più che rinnovare».
E come mai non ci siete riusciti?
«In realtà qualcosa si è mosso. I 5 Stelle erano piccolissimi, Salvini quasi non esisteva, Renzi ha governato il Paese. C’è stata una rivoluzione».
In meglio?
«Temo di no, ma nel 2010 l’esigenza di rinnovamento c’era…tanto che tre anni dopo i 5 Stelle tolsero voti al Pd. Sono cambiati i protagonisti negli altri partiti, nel centrosinistra un po’ meno».
Lei conosce CiccioGamer?
«Io detesto il giovanilismo in sé. Io frequento un pubblico giovane per interesse personale, ma non è detto che un politico debba sapere chi sia uno YouTuber. Rispetto alla Fornero, non è sicuramente questo l’elemento più problematico».
Bersani dopo la scissione di Renzi è tornato a parlare di un progetto più ampio che vada oltre il Pd: tra i Dem (senza Renzi) e la sinistra ci può essere un futuro insieme?
«Mi pare che in questa coalizione più ampia ci sia anche Renzi però. Quello che sto vedendo non mi appassiona molto: sembra quel gioco in cui parte la musica e bisogna vedere a chi manca la sedia. Leggo che ci sono svolte, costituenti, aperture ma io non le vedo…sarò distratto».
E lei quando torna a fare politica?
«Ora faccio soprattutto l’editore, ma anche questo ha un significato politico.
Poi non dico che non tornerò mai più: se c’è un’occasione torno perché la passione rimane sempre, ma non è un’ossessione. Sa come quelli che dicevano che se perdevano il referendum smettevano con la politica…magari Renzi spiegherà anche questo».
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