Leopolda 10, Bonetti presenta il family act. La ministra: «Un progetto con il segno “più”»
Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, sale sul palco, puntuale, alle 10:30. Luogo: Leopolda 10. Tema: Family act. Al suo fianco, Alessandro Rosina, professore di Demografia all’Università Cattolica.
Prende subito la parola il docente, già protagonista della scuola estiva di politica di Matteo Renzi, Meritare l’Italia: «Il bene più prezioso di un Paese sono le nuove generazioni».
Dove saremo nel 2050
«L’Italia è uno dei Paesi con gli squilibri demografici più forti al mondo. La denatalità ci sta presentando il suo conto». Mostrando delle slide, sostiene che «se vogliamo che ci sia un’inversione di tendenza sulla natalità, bisogna anche considerare il problema della caduta delle “potenziali madri”».
«Siamo di fronte a un terremoto, un terremoto lento e per questo non ce ne siamo preoccupati finora. Le conseguenze saranno però dure e drammatiche». Cosa succederà nel 2050? «Sei milioni di persone al centro della vita produttiva del Paese andranno a spostarsi nell’età anziana, quindi in pensione – dice Rosina -. Un cambiamento tale indebolirà il Paese nel suo nucleo produttivo che influirà nella ricchezza che l’Italia potrà investire nel welfare».
Francia e Germania come esempio
«Per ridurre gli squilibri demografici bisogna portare la fecondità a 1,83 figli per donna – sostiene Rosina, riassumendo con dei grafici alcuni calcoli statistici -. È possibile uscire nelle società moderne dal problema della denatalità?».
«Sì, ma se si fanno delle politiche giuste. Quella di avere figli dev’essere una scelta libera, ma il Paese deve fare in modo di favorire questa scelta con delle politiche famigliari solide come fa la Francia da sempre, la Germania dal 2008 in poi. E hanno ottenuto dei risultati effettivi i nostri vicini europei».
Problema neet
«Se guardiamo il numero desiderato di figli, anche nelle giovani generazioni, la risposta media è vicina al due. Non dobbiamo costringere nessuno a fare niente, dobbiamo solo fare in modo di aiutare i giovani a realizzare un proprio desiderio e impedire che una possibile scelta si trasformi in rinuncia».
«Dobbiamo sciogliere tre nodi che frenano al ribasso la natalità – continua Rosina -. Siamo il Paese dove il primo figlio arriva in età più tardiva. Il primo nodo da sciogliere riguarda i neet, i giovani che non lavorano e non studiano, e quelli che vivono ancora in casa con i genitori. E l’Italia, tra i Paesi Ocse, è quello che sta frenando di più i giovani: finché restano figli nella propria famiglia, non possono immaginarsi di diventare, a loro volta, genitori».
Secondo e terzo figlio
«Il secondo nodo riguarda la nascita del primo figlio. Chi lavora, già con un bambino, fa fatica a portare avanti la propria carriera lavorativa. Ti blocca in una difficoltà difficile da gestire che non ti stimola ad avere un secondo figlio. C’è una correlazione tra occupazione femminile e minor fecondità. Anche qui, l’Italia, è agli ultimi posti in Europa. Occorre migliorare la possibilità del part-time volontario e la collaborazione dei padri».
«Il terzo nodo è quello che frena la possibilità di andare oltre al secondo figlio. Ed è legato al rischio di impoverimento, che in Italia cresce esponenzialmente dal terzo figlio in poi. Questo aumento del rischio vuol dire anche maggior povertà infantile: l’Italia, ancora, è tra gli Stati con la maggiore povertà infantile che si traduce spesso in povertà educativa. La fragilità delle nuove generazioni, il depotenziamento delle possibilità di essere soggetti attivi nella società dei ragazzi, derivano da quello».
Figli come investimento collettivo
«Il Paese riparte se sblocchiamo questi nodi. Che questo sia possibile, è dentro ai sogni che le giovani coppie già hanno. Non c’è un problema nelle statistiche del desiderio dei giovani italiani di avere figli, ma il ribasso è dato da altri dati statistici che mostrano le riduzioni di opportunità dei nuovi genitori».
«Il figlio non dev’essere più considerato un costo privato – conclude Rosina -. Ma un costo collettivo in cui tutta la società, il Paese, deve pensare di poter investire per il proprio futuro».
Bonetti: «Un progetto con il segno “più”»
Poi prende la parola Bonetti: «Abbiamo un sogno: quello di permettere a ciascuna donna e a ciascun uomo di questo Paese di tornare alla possibilità di desiderare. Italia Viva vuole assumersi questa responsabilità, per questo facciamo una scelta importante: partire dalle famiglie».
«Non faremo un elenco delle misure: dobbiamo osare di più, non vogliamo soffermarci sui numeri: dobbiamo immaginare un processo largo e integrato, un progetto con il segno “più”».
Spazi e lavoro
«Le famiglie non sono soggetti a cui erogare servizi, devono tornare a essere dei connettori sociali – continua la ministra -. Abbiamo bisogno di un contesto che le aiuti a tornare protagoniste della società: proponiamo di costruire luoghi che siano abitati dalle famiglie. Più asili nido, ma anche associazioni e spazi dove le famiglie possano parlarsi, riunirsi».
«Poi c’è la sfida del mondo del lavoro: si deve rinnovare. Il conflitto della scelta che le donne vivono, se fare una scelta lavorativa o di dedizione alla famiglia, non deve più esserci. Forme nuove di lavoro, smart working, e altre misure che permettano di lavorare da persone intere, che non scindano più la vita privata da quella occupazionale, ma un tutt’uno.»
Parità di genere
«Famiglie più eque, il carico di cura tra uomini e donne dev’essere diviso in maniera paritaria – alza la voce Bonetti -. Lavoriamo sui congedi parentali estesi anche ai papà. Serve più parità di genere, non sono molte le realtà come Italia Viva. Io sogno un mondo in cui se una dipendente va dal datore di lavoro a dirgli che è incinta, lui stappa lo champagne per festeggiare con lei».
«Nessuna famiglia nel nostro Paese si deve sentire più sola. Politiche concrete per aiutare chi non ce la fa. Ma vogliamo anche famiglie più ricche, che siano in grado di progettare il proprio futuro. Per questo vogliamo introdurre un assegno universale per i figli: le persone sono il bene primario della società. Un contributo alle famiglie, ma dato per i figli: l’educazione è un’azione civile enorme che i genitori fanno. Le attività educative devono essere considerate un valore sociale».
Ci vediamo tra un anno
«Dobbiamo fare investimenti nelle abitazioni, per gli affitti. Sono delle strade, delle indicazioni – afferma la ministra -. Non delle misure definite. Diamoci un anno di tempo per decidere delle misure. Noi creeremo un family hub dove raccogliere delle idee dalla società, dalle associazioni e da chi ha voglia di partecipare».
«Noi, da qui, oggi, con le famiglie ripartiamo. Abbiamo bisogno della passione di tutti voi: ci auguriamo che da questa comunità di Italia Viva arrivino degli impulsi, dei pezzi di cammini, per ripartire e fare dell’Italia un Paese più felice – e, lasciando il palco, -. Buona strada a tutti noi».
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