Ergastolo ostativo, per la Consulta «è incostituzionale»
Dopo la bocciatura da parte della Cedu, è arrivata l’attesa sentenza della Consulta sulla legittimità dell’ergastolo ostativo. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 bis aprendo così alla possibilità per gli ‘ergastolani ostativi’ di accedere a permessi premio durante la detenzione.
Le motivazioni della Consulta
Secondo la Consulta, la presunzione di ‘pericolosità sociale’ del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Cos’è l’ergastolo ostativo
L’ergastolo ostativo, noto anche anche come “fine pena mai”, è previsto dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. È stato inserito nell’ordinamento dopo la strage di Capaci (in cui fu ucciso Giovanni Falcone) e quella di via d’Amelio (in cui perse la vita Paolo Borsellino). Secondo la norma, le persone condannate per alcuni reati, come terrorismo e mafia, non possono beneficiare di misure alternative alla detenzione né dei cosiddetti “benefici penitenziari” come il lavoro all’esterno o i permessi premio a cui accedono altri condannati al carcere a vita. Devono in sostanza scontare l’intera pena in carcere. Solo se accettano di collaborare con la giustizia, le persone condannate all’ergastolo ostativo possono ottenere “benefici penitenziari” .
La bocciatura della Cedu
A inizio ottobre la Corte europea per i diritti umani ha bocciato in via definitiva l’ergastolo ostativo chiedendo in Italia di rivedere la norma. Una prima bocciatura era già arrivata lo scorso giugno quando la Cedu si espressa contro l’ergastolo ostativo. Secondo la Cedu, violerebbe l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani che proibisce «trattamenti inumani e degradanti». Dopo la prima sentenza della Cedu, il governo italiano si era “appellato” alla Grande camera della Corte che ha bocciato di nuovo la norma.
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