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L’ambasciatore Usa in Ucraina silura Trump sull’impeachment: «Trattenuti fondi militari per mettere pressione a Kiev»

23 Ottobre 2019 - 09:13 Redazione
La testimonianza del diplomatico Bill Taylor conferma molte delle tesi del primo informatore, mettendo in difficoltà non soltanto il presidente ma anche alcuni dei suoi emissari, tra cui l'ambasciatore americano presso l'Unione europea

Mentre in Italia il premier Giuseppe Conte affronterà un’audizione al Copasir per spiegare il perché degli incontri da lui autorizzati tra l’intelligence italiana e il procuratore generale americano William Barr, che indaga sulla “pista Ucraina” nelle interferenze alle elezioni Presidenziali del 2016 (la contro-inchiesta al Russiagate di Robert Mueller), la testimonianza dell’ambasciatore statunitense in Ucraina, Bill Taylor, mette in difficoltà il presidente Donald Trump sul caso che lo vede accusato di aver fatto leva su una potenza straniera per ostacolare un rivale politico, Joe Biden, oltre che per minare le conclusioni di Mueller. Il caso ha spalancato le porte alla procedura di impeachment, ovvero alla di messa in stato di accusa del presidente americano, un’ipotesi che era stata accantonata nonostante i dubbi e i sospetti sollevati dal caso Russiagate. Ascoltato a porte chiuse da una commissione parlamentare a guida democratica, l’ambasciatore Taylor ha confermato (qui il link alla sua dichiarazione) molte dichiarazioni fatte dall’informatore dell’intelligence americano che per primo aveva accusato il Presidente Trump di aver fatto pressione, in una telefonata del 25 luglio scorso, sul neo-presidente ucraino Volodymyr Zelensky affinché avallasse un’indagine della magistratura ucraina per corruzione nei confronti di Joe Biden e di suo figlio, Hunter Biden, e che annunciasse un’indagine nelle ipotetiche interferenze ucraine nelle elezioni presidenziali americane del 2016, vinte da Trump.

Gli aiuti militari a Kiev trattenuti da Trump

Tra le accuse più forti rivolte a Trump durante le 10 ore di audizione riguardano lo sblocco degli aiuti militari a Kiev. Il presidente americano ha sempre negato la strumentalizzazione degli aiuti militari per fini politici, cosa invece sostenuta dall’informatore dell’intelligence la cui testimonianza ha fatto nascere il caso. Ma l’audizione di Taylor è importante anche in un altro senso perché contraddice quanto invece era stato riportato da Gordon Sondland, ambasciatore americano presso l’Unione europea. In una precedente audizione nel caso Ukrainegate, Sondland aveva dichiarato di essere totalmente estraneo ai fatti. Secondo Taylor invece, Sondland gli avrebbe spiegato chiaramente in una telefonata avvenuta lo scorso 7 settembre, dopo una sollecitazione via messaggio di Taylor, come gli aiuti militari e anche la possibilità di un incontro tra Trump e Zelensky dipendessero dall’apertura di due dossier da parte di Kiev: il primo sulla società dell’energia Burisma (per la quale lavorava Hunter Biden, il figlio dell’attuale candidato dem alla presidenza Joe Biden) e il secondo sul ruolo dell’Ucraina nelle presidenziali americane del 2016 per favorire i democratici.

Il “canale informale”

Taylor, diventato ambasciatore in Ucraina ad interim lo scorso giugno, ha detto di essersi immediatamente preoccupato al suo arrivo a Kiev perché le relazioni tra Usa e Ucraina risultavano «minate da un canale informale irregolare» nella politica statunitense e dal «blocco di vitale assistenza per la sicurezza per ragioni politiche interne». Taylor ha spiegato come «questo canale irregolare» fosse gestito dal presidente tramite fidati emissari: il suo avvocato personale Rudy Giuliani, il ministro dell’Energia ormai dimissionario Rick Perry, l’ambasciatore Usa presso l’Unione europea Gordon Sondland e lo speciale inviato in Ucraina Kurk Volker. Il loro mandato sarebbe stato proprio quello di convincere Zelensky ad annunciare l’avvio di un’inchiesta che danneggiasse i democratici e soprattutto Biden, il rivale più temuto da Trump. Il primo informatore dell’intelligence, attualmente sotto scorta, aveva già spiegato il ruolo centrale di Giuliani nella politica estera americana in Ucraina, aggiungendo che fosse fonte di profonda preoccupazione per diversi ufficiali americani.

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