Marieke Vervoort, l’atleta paralimpica muore ricorrendo all’eutanasia. Fu campionessa mondiale di paratriathlon
L’atleta paralimpica Marieke Vervoort, all’età di quarant’anni, ha deciso di morire ricorrendo all’eutanasia. Lo ha fatto in Belgio, la sua nazione, Paese in cui la pratica del fine vita è legalmente ammessa. Era stata campionessa di 100 metri ai Giochi di Londra del 2012.
Affetta da anni da una malattia degenerativa ai muscoli delle gambe che le provocava attacchi epilettici, le toglieva il sonno, e le causava dolori costanti, l’atleta aveva dichiarato che sarebbe ricorsa alla “morte serena” nel momento in cui la patologia non l’avesse più fatta vivere in modo dignitoso.
Nel 2008 Vervoort aveva dato il via libera a un medico per consentirgli di porre fine alla sua vita quando lei lo avesse richiesto. Martedì sera – come si è appreso da un comunicato diramato dalla città di Diest, che ha dato i natali all’atleta – è arrivata la richiesta.
Marieke e il mondo dello sport
Aveva cominciato con il basket sulla sedia a rotelle per poi approdare al nuoto, fino ad arrivare al triathlon – disciplina che le ha permesso di dedicarsi al paratriathlon e di diventare campionessa mondiale nel 2006.
Non soddisfatta, nel 2007 si è cimentata nell’Ironman – la più dura competizione basata sulle discipline del triathlon – alle Hawaii.
Nel frattempo, la salute peggiorava. Così ha cominciato a dedicarsi solamente all’atletica leggera, vincendo l’oro nei 100 metri in sedia a rotelle e l’argento nei 200 metri in sedia a rotelle ai Giochi olimpici di Londra del 2012.
Diventa tre volte campionessa del mondo sui 100, 200 e 400 metri nel 2015 a Doha, in Quatar, ha vinto l’argento nei 400 metri e il bronzo nel 100 metri alle paralimpiadi di Rio 2016.
Ha realizzato quello che lei stessa ha definito «l’ultimo sogno della mia vita» correndo su una Lamborghini Huracan Evolution sul circuito di Zolder.
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