L’incubo delle elezioni anticipate sul governo Conte, Zingaretti e Franceschini: «Senza risultati, andiamo al voto»
48 giorni. È passato poco più di un mese da quando il 5 settembre l’esecutivo a firma Pd-M5s ha giurato davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo un provvedimento che cambierà il volto del Parlamento e dopo il dibattito sulla manovra economica, il segretario del Pd Nicola Zingaretti in un’intervista pubblicata su la Repubblica segna il punto su quello che è stato fatto.
Prima dell’analisi del lavoro del governo, Zingaretti comincia con una premessa, condita da un dito nell’occhio a Matteo Renzi: «Io di certo non voglio votare. Però pretendo che si governi bene e lealmente. Da segretario del Pd uso questo verbo non a caso. Noi al governo restiamo solo finché produce risultati utili al Paese».
Posizione molto simile a quella riportata da Dario Franceschini alla trasmissione Cartabianca poche ore prima dell’uscita dell’intervista: «Se il Governo Conte 2 cadrà, si andrà a votare. Dobbiamo trasformare questo Governo nell’incubatore di un’alleanza Pd-M5s».
I compromessi della manovra finanziaria
Il giro di prova dell’alleanza fra Pd e M5s è stato fatto su una pista tutt’altro che facile: la finanziaria. Terreno già complesso, quest’anno è stato reso ancora più scivoloso dai 23 miliardi di euro necessari per scongiurare l’aumento dell’Iva. Mossa riuscita, anche se le forze di governo non hanno rivendicato con troppa ostentazione questo risultato:
«Abbiamo fermato la valanga sul villaggio. Poi abbiamo fatto delle scelte di campo chiare. Siamo passati dalle balle e dai debiti di Salvini, che voleva tassare le cassette di sicurezze e mettere 15 miliardi sulla flat tax, a una prima grande inversione di tendenza: taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa. Sono colpito dal fatto che non tutti rivendichino questi risultati»
Umbria, il vero banco di prova?
Quando è nato il governo Conte 2 il consenso nei sondaggi era ai minimi storici. Solo il 36% era a favore del nuovo esecutivo. Una percentuale che con il tempo si è alzata di qualche punto. Il primo test per capire se questa alleanza potrà avere un futuro sarà il 27 ottobre, alle elezioni regionali dell’Umbria dove, al momento, viene data per favorita la coalizione di centro destra.
«Gli italiani guardano a questo governo con un mix di speranza e sospetto. Io voglio rafforzare la speranza ed eliminare il sospetto. In Umbria partiamo in svantaggio. Abbiamo perso molti comuni negli ultimi anni, ci sono stati degli scandali, ma se ci fossimo presentati divisi non avremmo nemmeno giocato la partita. Si vota per la Regione, però. Se qualcuno vuol dare altre valenze al voto è per ragioni strumentali e destabilizzanti».
Italia Viva, i rapporti con Renzi e Boschi
Lanciato ufficialmente nell’ultima Leopolda, Italia Viva ha segnato il distacco definitivo della pattuglia dei renziani dalle truppe del Pd. Un partito che, per ora, sostiene il governo ma che, certo, lo rende più instabile. Verso il suo leader, Matteo Renzi, e uno dei suoi volti più noti, Maria Elena Boschi, Zingaretti non risparmia qualche critica.
Prima sul tentativo di Renzi di porsi come antagonista naturale di Salvini: «C’è un motivo se il Pd è diventato il bersaglio di tanti: resiste nei sondaggi e mantiene una sua centralità. Più è forte il Pd, più è debole Salvini». E poi su quella frase, «partito delle tasse», con cui Boschi ha definito il Pd: «Un’uscita talmente infelice che se ne sono resi conto persino dentro Italia Viva. È surreale l’ossessione di denigrare il partito di cui si faceva parte fino a due settimane fa. L’avversario, lo ricordo, è la destra».
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