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Russiagate, i tre punti che ancora non tornano dopo i chiarimenti di Giuseppe Conte

24 Ottobre 2019 - 09:15 Sara Menafra
Che succede se nei documenti americani sul Russiagate (che saranno pubblici tra pochi giorni) spunterà un ruolo poco chiaro dell'Italia?

Da politico estremamente abile quale ha rivelato essere il presidente del Consiglio, la sera del 23 ottobre Giuseppe Conte è stato molto abile nel cambiare il focus della conferenza stampa che aveva convocato a palazzo Chigi.

Dopo una lunga audizione al Copasir, durata circa due ore e mezza (lui aveva chiesto che non fosse più di una e mezza per successivi impegni) a proposito delle relazioni che lui stesso ha autorizzato tra i servizi segreti italiani e l’americano William Barr a proposito del Russiagate, ha avuto l’abilità di girare il discorso e parlare principalmente di Matteo Salvini e dei suoi rapporti con la Russia, con gli oligarchi e – qui dicendo qualcosa solo parzialmente noto finora – con gli 007 russi.

Di se stesso ha detto invece che quando gli è stato formalmente chiesto da Barr, per iscritto, di collaborare alle indagini sul comportamento della Fbi e della Cia in Italia, data la delicatezza della cosa ha preferito autorizzare gli italiani senza avvertire né il ministro della giustizia italiano, né il comitato parlamentare che controlla i servizi.

Ci sono cose che non tornano in questa versione dei fatti? Almeno tre. Vediamole:

  1. Conte ha permesso che una autorità politica di un paese straniero avesse rapporti con i nostri servizi. All’inizio della conferenza stampa, ha citato la legge 124 del 2007 che regola il comportamento della nostra intelligence: bene, quella legge non prevede questo tipo di interlocuzione. Tanto più che i servizi italiani un referente politico di vertice ce l’hanno: è lui. Perché ha detto comunque sì?
  2. Cosa sanno i nostri servizi segreti a proposito dell’uomo che cercava Barr, questo sedicente professor Mifsud che – stando a diverse ricostruzioni – è stato tra i primi a parlare di rapporti tra i russi e gli americani nel periodo della campagna elettorale 2016 (in sintesi: ha parlato del fatto che i russi raccoglievano informazioni contro Hillary Clinton, dunque per aiutare Trump)? L’hanno seguito o sanno dove si trova ora?
  3. C’è stata un’attività dell’intelligence Usa in Italia per “costruire” il Russiagate e “inquinare” le elezioni 2016, come Donald Trump ha lasciato intendere nel corso della conferenza stampa di dieci giorni fa, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella?

Rispondendo alle domande, Conte ha detto che «rifarebbe esattamente le stesse cose, anche oggi» ed è probabilmente convinto che il caso Italia-Russiagate sia destinato a fermarsi qui. Peccato, però, che Barr sta per rendere pubblico il risultato delle sue indagini: che succede se in quella relazione emergono elementi diversi da quelli resi noti da Conte sui tre punti di cui abbiamo parlato? O magari su altro?

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