Siria, scade la tregua di Sochi: i miliziani curdi hanno abbandonano i territori al confine
Sono bastati 20 giorni a Recep Tayyip Erdogan per spazzare via l’esperimento democratico del Rojava, iniziato nel 2014 nel pieno della guerra siriana. Alle 19:30 di martedì 29 ottobre, poco dopo la scadenza della tregua di Sochi, il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu ha annunciato l’evacuazione delle milizie Ypg dall’intero confine turco, dove si sono schierate la polizia militare di Mosca e le truppe di Damasco.
«Il ritiro delle unità armate curde dalla zona di sicurezza» nel nord-est della Siria, «è stato completato». Il cessate il fuoco di 150 ore per l’evacuazione era stato concordato il 23 ottobre sul mar Nero da Erdogan e da Vladimir Putin, ormai vero kingmaker della zona dopo il ritiro delle truppe statunitensi.
«La Russia ci ha informato della rimozione totale dell’organizzazione terroristica», ha esultato il presidente turco alla cerimonia per la Festa della Repubblica. «La Turchia ha dimostrato che è capace di difendere la propria sicurezza nazionale con i propri mezzi senza chiedere il permesso a nessuno».
La prima tappa dell’intesa «storica» di Sochi ha retto anche grazie al fatto che le stesse Forze democratiche siriane a guida curda ne avevano accettato i termini. Ormai, stretti da un’emergenza umanitaria (sono morti quasi un migliaio di miliziani e decine di civili), i curdi del nord est siriano hanno dovuto accettare il compromesso politico e deporre le armi al volere di Ankara.
Secondo il Centro russo per la riconciliazione dei belligeranti in Siria, dalla fascia di 30 chilometri alla frontiera si sono ritirati in tutto 34 mila combattenti, insieme a più di 3 mila unità di armi ed equipaggiamenti militari. L’offensiva di Erdogan, già stoppata dal primo cessate il fuoco con gli Usa durato 120 ore, è quindi interrotta: si apre ora una nuova fase di gestione congiunta della frontiera con Mosca.
Una delegazione militare russa ha concluso nel pomeriggio una serie di colloqui ad Ankara per preparare i pattugliamenti, che secondo l’accordo si estenderanno fino a 10 chilometri entro il territorio siriano. «Turchia e Russia avevano fissato una scadenza per far lasciare la zona di sicurezza ai terroristi Ypg», ha annunciato il capo della comunicazione della Presidenza turca, Fahrettin Altun. «Il tempo è scaduto. Stabiliremo attraverso i pattugliamenti congiunti se i terroristi si sono effettivamente ritirati o meno».
Restano le tensioni tra Ankara e Damasco
Ora che le truppe di Bashar al Assad e quelle di Erdogan sono sempre più vicine, il rischio di una nuova escalation non è escluso. Secondo quanto riportato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), nelle ore prima della fine della tregua i militari di Ankara e le milizie dell’Esercito siriano libero si sono scontrati con i soldati lealisti nel primo “confronto diretto” dall’inizio dell’operazione militare Fonte di pace ( il 9 ottobre scorso).
L’ong riferisce di “violenti scontri” a sud di Ras al Ayn, la città di frontiera già passata sotto il controllo turco, dove le truppe di Ankara hanno attaccato quelle del regime alla periferia del villaggio di Al-Assadiya con colpi d’artiglieria e con il supporto di droni. Altri scontri sono stati registrati tra le milizie curde e le forze di Assad da un lato, e le milizie filo-Ankara dall’altro. Secondo l’Ondus, il bilancio complessivo è di almeno 13 militari siriani e 10 miliziani ribelli rimasti uccisi
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