Commissione Segre, il retroscena del silenzio in Senato di Forza Italia
Nessun tentativo di condivisione tra maggioranza e opposizione, come talvolta accade quando si tratta di un voto altamente simbolico, come era quello sulla commissione “Segre” contro l’odio e l’intolleranza, e una discussione limitata all’interno di Forza Italia prima della decisione di astenersi insieme ai senatori di Fratelli d’Italia e Lega.
È quanto rivela una fonte di Forza Italia, secondo cui l’astensione sarebbe stata organizzata in fretta e furia dalla capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini – che sarebbe riuscita a convincere la Lega ad astenersi anziché votare “no” – insieme ai capigruppo degli altri partiti dell’opposizione.
Assicurando così la compattezza del centrodestra, una strategia che si è mostrata vincente nelle elezioni regionali in Umbria, ma al costo però di scontentare una parte del proprio partito.
Alla base ci sarebbe anche il fatto di aver sottovalutato la vicinanza temporale tra questo voto, le centinaia di messaggi antisemiti ricevuti dalla stessa Segre, e la notizia della cena ad Ascoli Piceno, condita da nostalgia del ventennio fascista, a cui aveva partecipato il Sindaco di Fratelli d’Italia.
Insomma, la critica nei confronti dei vertici è di aver tenuto troppo poco conto dell’importanza simbolica del voto, finendo così per scontentare ulteriormente la base del partito azzurro che già soffre una coalizione di centro-destra in cui la parte di centro sembra pesare sempre meno.
Il malumore va oltre gli 8 senatori “dissidenti”
Sempre secondo fonti di Fi, non sarebbero soltanto otto, dunque, i senatori indispettiti dall’astensione sul voto. Un numero basso dovuto alla fretta e furia con cui è stata organizzata non solo la decisione sul voto, ma anche la risposta alla decisione dei capigruppo.
Dietro si nasconde un malumore più diffuso nella base del partito di Silvio Berlusconi, un malumore che va acquisendo maggior vigore ideologico da quando il partito è sceso in piazza al fianco di Lega e Fratelli d’Italia alla manifestazione “sovranista” di Piazza San Giovanni a Roma in poi, e che fino a questo momento ha trovato in Mara Carfagna la figura centrale di riferimento.
Il contagio riguarda anche il contingente forzista in Senato dove c’è chi, come gli otto dissidenti, vorrebbe un partito e un centrodestra corale e pluralistico, che non tema le divergenze di opinioni, che non si senta costretto ad allinearsi alle posizioni “estreme” pur di salvaguardare la propria unità. E che un domani non lasci l’Italia isolata in Europa e nel mondo nel momento in cui dovesse ritrovarsi al potere dopo nuove elezioni.
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