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«Doppia morale» e revenge porn: perché le dimissioni di Katie Hill sono un segnale d’allarme

31 Ottobre 2019 - 06:34 Emma Bubola
Questa faccenda potrebbe pregiudicare la propensione delle donne americane (e non solo) a candidarsi a ruoli politici di spicco

La deputata americana Katie Hill, stella nascente del Partito Democratico, ha dato le dimissioni, dopo che il sito conservatore RedState ha pubblicato una foto che la ritraeva nuda. In precedenza, il comitato etico della Camera aveva annunciato l’apertura di un’inchiesta su una presunta relazione che Hill avrebbe avuto con un membro dello staff del Congresso, atto che violerebbe le regolamentazioni interne dell’organo.

Hill, una delle prime rappresentanti americane a essere apertamente bisessuale, ha ammesso di aver avuto una relazione consensuale con un’addetta alla sua campagna elettorale, ma ha negato qualsiasi rapporto intimo con un attuale membro dello staff del Congresso. La relazione a tre svoltasi prima dell’elezione di Hill avrebbe coinvolto anche il marito della deputata e sarebbe avvenuta, secondo quanto affermato dalla donna, «durante gli ultimi e tumultuosi anni di una relazione caratterizzata da abusi». Hill ha ammesso che la relazione fosse «inappropriata».

La speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha accettato le sue dimissioni, affermando: «Ha ammesso di aver commesso errori di giudizio che rendono per lei insostenibile la continuazione del suo mandato parlamentare. Dobbiamo garantire un clima di integrità e di dignità nel Congresso e in tutti i luoghi di lavoro».

I giornali scandalistici e conservatori che hanno dato la notizia della sua relazione non si sono però accontentati di accompagnare le informazioni con «prove» quali gli Sms scambiati tra i protagonisti della vicenda. RedState o il DailyMail hanno corredato vari articoli sul tema con foto esplicite della deputata, alla cui diffusione lei non aveva mai acconsentito. Le immagini sarebbero infatti state diffuse dal marito di Hill, da cui la donna sta divorziando, ma l’ex deputata non ha ancora fornito elementi che lo provino.

Hill ha affermato che le foto sono state diffuse senza il suo consenso, rendendo l’atto riconducibile al revenge porn, illegale in California. Chi difende la diffusione delle immagini in questione rivendica l’interesse pubblico delle informazioni contenute negli scatti perché riguardanti una figura pubblica, una rappresentante politica.

«Nonostante possiamo trovare ‘interessante’ umiliare le donne che hanno il controllo della loro sessualità, non è ‘nel nostro interesse’ avere libero accesso al corpo nudo di una donna senza il suo consenso», scrive sulla CCN Kendall Brown, sollevando un punto interessante. Che «pubblica utilità» può avere espropriare una donna della sua intimità?

Nella lettera in cui dà le sue dimissioni, Hill scrive: «So che fino a quando sarò al Congresso, avrò paura di cosa potrebbe succedere». Questa frase racchiude in sé la portata di questa vicenda, che va ben oltre il caso individuale della politica californiana. Questa faccenda potrebbe pregiudicare la propensione delle donne americane (e non solo) a candidarsi a ruoli politici di spicco.

Considerazione ribadita anche dalla senatrice democratica Kamala Harris, che ha anche affermato in un’intervista a BuzzFeed News che Katie Hill è una vittima di «sfruttamento informatico».

Harris ha anche espresso le sue riserve sull’utilizzo del termine «revenge porn» per descrivere questi abusi. La parola «revenge», «vendetta», sottintenderebbe infatti che «ci sia una giustificazione» per questi atti. Per la candidata alle primarie del Partito Democratico, «chiamare le immagini ‘pornografia’ implica l’esistenza di una qualche forma di consenso».

«I media conservatori e i troll sono riusciti a portare alle dimissioni di una deputata americana» scrive Brown. E questo nel Paese in cui alla Casa Bianca siede un uomo che ha pubblicamente affermato che le donne si possono «afferrare dalla vagina» e che è stato accusato più di venti volte di molestie sessuali. Il deputato repubblicano Duncan Hunter siede ancora al Congresso nonostante le accuse di aver dirottato fondi della sua campagna elettorale a fini personali e di aver avuto relazioni sessuali con due membri del suo staff.

Al di là del fatto che le dimissioni siano giustificate o meno, è incontestabile che la deputata abbia pagato il prezzo di essere donna, e di essere quindi 1,7 volte più esposta a essere l’oggetto di pornografia non-consensuale rispetto agli uomini. Ha anche subìto le conseguenze di appartenere alla comunità LGBTQ+, che aumenta ulteriormente la probabilità di subire il fenomeno, moltiplicandola per sette. Da ultimo, l’ha colpita il double standard, la «doppia morale» che continua a pesare sul pubblico giudizio della condotta sessuale di chiunque non sia un uomo eterosessuale cisgender.

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