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Brexit, il giorno della scadenza mancata Nigel Farage rilancia il “Brexit party”

01 Novembre 2019 - 15:47 Riccardo Liberatore
Per quanto tempo ancora l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea continuerà a caratterizzare anche la politica interna britannica? Le elezioni di dicembre daranno una prima risposta

Il giorno in cui il Regno Unito si sarebbe dovuto svegliare fuori dall’Unione europea – la Brexit era prevista per il 31 ottobre 2019 prima di essere posticipata (per la terza volta) a fine gennaio 2020 – il leader carismatico del fronte dei brexiters, Nigel Farage, ha dato il via alla campagna elettorale per le elezioni politiche di dicembre con il suo “partito della Brexit“.

Poco importa che il parlamento britannico abbia già approvato – anche se non in modo definitivo – l’accordo per l’uscita dall’Unione europea, negoziato da Boris Johnson, e che gennaio sia dietro l’angolo. La partita rimane aperta e non soltanto perché i colpi di scena sono all’ordine del giorno nella saga infinita della Brexit. Le elezioni lampo di dicembre – le prime ad essere tenute nei giorni prima di Natale in quasi cento anni – determineranno la composizione del parlamento che dovrà approvare definitivamente l’accordo di Johnson oppure proporre un’alternativa.

I liberal-democratici – che ultimamente hanno guadagnato molti consensi – si sono schierati nettamente contro la Brexit mentre i laburisti di Corbyn (che il 31 ottobre ha lanciato la propria campagna elettorale per le elezioni di dicembre) pur avendo assunto una posizione di imparzialità (né contro, né per la Brexit), sono aperti a un secondo referendum.

Per Farage e il suo Brexit Party – partito successore allo Ukip (United Kingdom Independence Party) da lui per anni presieduto e attualmente in stato di disfacimento (probabilmente non si presenterà alle elezioni) – la Brexit invece è da salvare non tanto dai laburisti e dai liberal-democratici, ma dallo stesso partito conservatore e dall’accordo “farlocco” di Boris Johnson.

Con questi presupposti (e con questa pretesa) Farage si presenta anche alle elezioni nazionali, insistendo sul fatto che il suo partito abbia ancora un ruolo da giocare nella politica interna del Regno Unito, e nella speranza di replicare il successo ottenuto alle elezioni europee di maggio quando il suo Brexit Party arrivò primo con circa il 31% dei consensi e 28 eurodeputati.

Per una “vera” Brexit (cosa dice di volere Farage)

Ma cosa vuole veramente Farage, oltre al fatto di ritagliarsi una posizione importante nella politica britannica? Innanzitutto, vuole bloccare Johnson. Come ha spiegato all’evento inaugurale della campagna elettorale, secondo Farage è necessario «lasciare l’accordo perché non è Brexit. Quello che stiamo facendo è che stiamo semplicemente calciando la palla più in là».

«L’accordo di Johnson – ha dichiarato Farage – non ci aiuterà a realizzare la Brexit. Anzi, porterà semplicemente a una campagna [referendaria ndr] in cui le persone diranno che non abbiamo una voce, un voto, o un veto. Ci porterà a una campagna referendaria per ritornare nell’Unione europea».

Ma al di là di un possibile annullamento della Brexit, come viene spiegato anche sul sito del partito Farage e il suo Brexit party sono fortemente critici dell’accordo raggiunto da Johnson che prevede controlli doganali nel mare d’Irlanda – dividendo il Regno Unito – ma anche un periodo di transizione, prima di finalizzare un accordo commerciale, in cui il paese rimarrebbe comunque legato all’Unione europea.

Il partito di Farage propone – oltre a una serie di misure in chiave domestica come la sostituzione della Camera dei Lord con un camera eletta e una costituzione scritta – una sorta di “hard Brexit”, senza un periodo di transizione così che il Regno Unito possa stringere accordi commerciali in piena libertà.

L’idea per un’alleanza che piace anche a Trump

Ma per quanto Farage critichi la Brexit voluta da Johnson, è disposto a stringere un’alleanza con il partito conservatore per queste elezioni anche perché il sistema elettorale britannico non-proporzionale rende la vita molto difficile ai piccoli partiti (né il Brexit Party né Ukip hanno un deputato nell’attuale legislatura e lo stesso Farage non è mai riuscito ad entrare a Westminster).

Nonostante questo, Farage sostiene di essere pronto a gareggiare in 650 collegi elettorali. Ma se da un lato si esalta, dall’altro tende la mano a Johnson a cui ha proposto di fare da fronda al partito conservatore nei collegi elettorali tradizionalmente laburisti (come nel Nord Est post-industriale) dove il partito conservatore ha poche possibilità di vittoria ma dove il populismo euroscettico di Farage riesce comunque a riscuotere consensi.

Tutto questo con la benedizione di Donald Trump. Intervenendo in una trasmissione radio presentata da Farage nelle vesti di opinionista, il presidente americano prima ha bocciato l’accordo di Boris Johnson dicendo che avrebbe reso difficile siglare un accordo commerciale con gli Stati Uniti – con grande dispiacere dello stesso Johnson che va corteggiando l’approvazione del presidente Usa – e poi ha caldeggiato un’alleanza tra Johnson e Farage (contro Corbyn). «Mi piacerebbe molto se voi vi uniste» – ha dichiarato il presidente Usa – «credo che sarebbe una gran cosa». Anche per la Brexit, ovviamente.

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