Palermo, chi è Antonello Nicosia, l’esponente dei Radicali fermato per associazione mafiosa
Tra i fermati dalla Procura di Palermo, accusati a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento, c’è anche un esponente dei Radicali italiani: Antonello Nicosia. Tramite i contatti con la deputata Giuseppina Occhionero (41 anni, ex Leu e ora Italia Viva), di cui si definiva “collaboratore”, Nicosia sarebbe riuscito, secondo l’accusa, a entrare in istituti di pena di alta sicurezza e fare da tramite tra detenuti e cosche. È accusato di aver gestito un business in società con il boss di Sciacca Accursio Dimino e fatto affari con clan americani e riciclato denaro sporco. La deputata non è al momento indagata, ma sarà sentita dai pm di Palermo come testimone.
Chi è Antonello Nicosia?
Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani (Oidu), pedagogista, laureato in Scienze della Formazione multimediale con una tesi sul «Trattamento penitenziario, ascoltare e progettare per rieducare sorvegliare e rieducare, l’esperienza carcere», Antonello Nicosia, originario di Sciacca, è stato eletto per due anni (2017-2018) come componente del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani. Per i pm sarebbe vicino all’ala di Cosa Nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro. Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati.
Sempre nel curriculum si dice «assistente parlamentare» e «docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi PON». Nel 2011 è stato coordinatore del progetto «La Tavola Multiculturale» attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati. Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’Università della California. Presentatore del programma tv Mezz’ora d’aria, ha preso parte alla kermesse della Leopolda. A luglio aveva invece espresso il suo supporto a Carola Rackete inviando alla capitana una lettera di incoraggiamento in cui Nicosia scriveva: «Il coraggio delle proprie azioni ha il sapore della libertà, delle idee che vivono e librano attraverso convinzioni ferree e ben determinate. Amo la libertà, in toto. La libertà di pensiero, la libertà di esprimersi, quella di agire. Agire per la salvaguardia di un diritto fondamentale: la sicurezza».
Le intercettazioni: gli insulti a Falcone e Borsellino
In alcune intercettazioni avrebbe definito Matteo Messina Denaro «il nostro premier» e insultato Giovanni Falcone, definendo la sua morte «incidente sul lavoro» e dicendo che «da quando era andato al ministero della Giustizia più che il magistrato faceva il politico». «All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perchè dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda… Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?». «Ma poi quello là (Falcone, ndr) – proseguiva – non era manco magistrato quando è stato ammazzato… aveva già un incarico politico, non esercitava… ». Dalle indagini della Dda palermitana guidata da Francesco Lo Voi – iniziate cercando il boss latitante Matteo Messina Denaro – Nicosia, sarebbe stato inoltre in contatto con il boss mafioso, anche lui saccense, Accursio Dimino, scarcerato nel 2016 e detenuto anche al 41 bis, ritenuto molto vicino al defunto capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo.
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