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I pro e i contro della «Commissione Segre», ma non sprechiamo l’occasione

05 Novembre 2019 - 10:28 David Puente
Molte le lodi e le critiche sulla Commissione appena istituita al Senato. Spieghiamole, ma non sprechiamo l'occasione

La Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza è al centro di molte attenzioni da tutte le parti politiche in campo. A ragione o torto, sono state sollevate alcune osservazioni, vediamo di analizzarle assieme.

Uno scopo nobile

La Commissione ha di suo uno scopo nobile, quello di contrastare l’odio e l’intolleranza in un periodo in cui c’è molta, moltissima confusione anche a seguito di una continua «normalizzazione della violenza verbale» anche nel caso di un «uh uh» urlato dalla curva di una tifoseria nei confronti di un giocatore dalla pelle nera con la scusante del «ma è roba da stadio» o «sono solo tifosi».

Qualunque forma di violenza, verbale o fisica, va condannata e non ci sono dubbi su questo, altrimenti si rischia di ottenere dei «lascia passare» per compiere atti ancora più gravi e un continuo relativismo su argomenti sempre più delicati. Ci vanno di mezzo anche i nostri bambini e il futuro di tutti.

Non considera la cristianofobia?

Secondo alcuni critici, come ad esempio la senatrice Pucciarelli della Lega, non si tiene conto della «cristianofobia». Non viene nominata nel testo votato al Senato, così come non vengono nominate fobie verso religioni come quella buddista e induista. C’è un motivo e basta leggere con attenzione il testo stesso della mozione:

Rilevata, pertanto, l’esigenza di provvedere all’immediata istituzione di un organismo ad hoc, in modo tale da permettere al Senato della Repubblica di onorare la sua tradizione e l’impegno per la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone, delibera di istituire una Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza

Inoltre:

la Commissione ha compiti di osservazione, studio e iniziativa per l’indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche.

Come nel testo della nostra Costituzione, all’articolo 19, non si fa menzione a una religione specifica e dunque vengono considerate all’attenzione della Commissione Segre tutti i fenomeni di intolleranza e istigazione all’odio contro individui sulla base del loro orientamento religioso, qualunque esso sia. Inclusi, dunque, i cristiani.

Art. 19 Costituzione

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Si parla solo di antisemitismo?

Visto quanto già spiegato in precedenza, affermare che la Commissione si voglia occupare soltanto del problema dell’antisemitismo è assai riduttivo. Un problema che, tuttavia, viene più volte citato non solo nel testo della mozione come esempio di ciò che tutt’oggi si riscontra, tra negazionismo e accuse infamanti nei confronti degli ebrei, ma anche negli impegni della stessa Commissione.

Così come non era stata inserita esplicitamente la cristianofobia o l’islamofobia, anche l’antisemitismo poteva essere semplicemente ricondotto a quelle che sono le forme di intolleranza o di razzismo.

Una delle immagini che circolano nei forum antisemiti contro la famiglia di Beppe Grillo.

La Commissione si sostituisce ai giudici?

Prima di procedere con la questione più spinosa, ossia le accuse di censura, dobbiamo fare una premessa: una Commissione d’inchiesta non può sostituire l’attività giudiziaria, al massimo la può affiancare. Partiamo dall’articolo 82 della Costituzione:

Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

La lettura semplicistica dell’articolo 82 porterebbe a pensare che la Commissione d’inchiesta possa addirittura esercitare qualche forma di potere di sentenza giudiziaria, ma non è propriamente così. I poteri forniti dalla Costituzione riguardano i mezzi utili alle indagini, come ad esempio autorizzare e acquisire intercettazioni o sentire testimoni, ma non può emettere sentenze. A spiegare i limiti è la Corte Costituzionale con la sentenza 231 del 1975 (nello specifico qui):

I fini delle Commissioni parlamentari di inchiesta differiscono nettamente da quelli che caratterizzano le istruttorie delle autorita’ giudiziarie. Compito delle Commissioni parlamentari di inchiesta non e’ di “giudicare”, ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l’esercizio delle funzioni delle Camere; esse non tendono a produrre, ne’ le loro relazioni conclusive producono, alcuna modificazione giuridica (come e’ invece proprio degli atti giurisdizionali), ma hanno semplicemente lo scopo di mettere a disposizione delle Assemblee tutti gli elementi utili affinche’ queste possano, con piena cognizione delle situazioni di fatto, deliberare la propria linea di condotta, sia promuovendo misure legislative, sia invitando il Governo a adottare, per quanto di sua competenza, i provvedimenti del caso. 

Nella pagina Facebook di Fratelli d’Italia Aranella-Vomero davanti alla condivisione di una foto di Liliana Segre e Laura Boldrini un utente scrive in un commento «Troian». Come verrebbe interpretato da un giudice nel caso di denuncia?

La Commissione prevede censure?

Già oggi i social network forniscono dei servizi di segnalazione interna per i contenuti che violerebbero le proprie regole di condotta, anche se non sempre affidabili. Per fare un esempio, nel 2018 fui bloccato da Facebook per 24 ore per aver preso le difese di un ragazzo affetto da Sindrome di Asperger da attacchi infamanti nei suoi confronti da parte di un bullo: contattato il social network, venni sa sapere che il solo aver dichiarato di presentarmi in tribunale mi era costata l’accusa di cyberbullismo.

Paradossale, così come le richieste di opposizione andate a vuoto da parte di un «controllore» che ha bloccato me e non l’autore della segnalazione che poco prima del mio commento storpiava il mio nome cercando di deridermi. Cosa voglio dire con questo? Leggiamo la parte finale della mozione Segre:

la Commissione può segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche, quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche, richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca.

Come si comporterà un social network come Facebook di fronte alle richieste della Commissione? Sarà tenuto a rimuovere automaticamente i contenuti? Non è detto, ma una Commissione parlamentare potrebbe essere più considerata rispetto alle segnalazioni di un semplice utente. Uscendo dall’area social, se il contenuto segnalato si trovasse all’interno di un blog o di una testata giornalistica online su quale base i gestori sarebbero costretti alla rimozione? Tante domande, ma il problema da tenere in considerazione è che non è prevista alcuna forma di contraddittorio di fronte alla richiesta di rimozione: la Commissione sentenzia assumendosi il potere di «giudice giudicante» che non dovrebbe avere.

Rimuovere i contenuti è giusto?

Risulta evidente che la censura online è pressoché impossibile da attuare a pieno, visto quanto circolano determinati contenuti nonostante la scomparsa ad esempio di un sito o di una pagina Facebook. Ci sono già dei contenuti che vengono rimossi dalle stesse piattaforme, viste le caratteristiche violente e intimidatorie, basti pensare che c’è molta attenzione ai contenuti propagandistici dell’Isis e del terrorismo islamico, come avvenuto nell’ultimo caso con il social network TikTok.

Uno dei contenuti dell’Isis rimossi su TitkTok.

In questo caso la decisione della rimozione non arriva su richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta, ma dalla stessa piattaforma a seguito del riscontro mediatico ottenuto.

Come individuare il materiale offensivo?

Individuare l’offesa non è una cosa semplice, a volte potrebbe essere assai complesso e risulta spinoso anche all’interno delle aule di tribunale. La Commissione dovrà tenere conto di moltissimi elementi, perché nella sensibilità di alcuni anche una parola di troppo e senza alcun intento provocatorio potrebbe risultare una forma di «istigazione all’odio». Pensiamo all’esempio del titolo di Libero «Bastardi islamici» pubblicato a seguito degli attentati terroristici di Parigi nel novembre 2015.

Il titolo «Bastardi islamici» di Libero per il quale venne denunciato Belpietro.

Maurizio Belpietro, all’epoca direttore del quotidiano Libero, venne denunciato con l’accusa di aver, con quel titolo, posto un insulto generalizzato verso tutti i credenti di religione musulmana. Belpietro, in sua difesa, sostenne che l’aggettivo «bastardi» era riferito ai terroristi di matrice islamica e non verso l’intera comunità religiosa, tra i quali ci sono anche vittime dell’opera degli estremisti.

Per quanto si possa ritenere quel titolo assolutamente inadatto e offensivo, nel dicembre 2017 il Tribunale di Milano assolse Belpietro perché secondo i giudici «il fatto non sussiste». Che piaccia o meno, il diritto al contraddittorio in una democrazia è un atto dovuto.

Considerazioni finali

In un clima come quello che stiamo vivendo è bene far riflettere sul problema dell’intolleranza e in particolare far luce sulla normalizzazione della violenza in corso ormai da anni. È bene non dimenticare i crimini del passato e l’antisemitismo, è bene avere il ricordo e la memoria per guardare avanti nel futuro, ma è bene ricordare ogni singolo caso di estremismo perché nessuno va sottovalutato o sottostimato se si vuole veramente contrastare ogni forma e istigazione all’odio.

La Commissione dovrebbe avere esclusivamente un ruolo costruttivo e propositivo, facendo dialogare le forze politiche che dovrebbero fare un esame di coscienza e una campagna comune per il contrasto del fenomeno siccome risulta inutile – oltre che ulteriormente dannoso – sostenere che soltanto nelle file dell’avversario politico si celano gli «odiatori». Questa Commissione può essere un’occasione, non sprecatela.

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