L’Hellas Verona mette Castellini fuori dalla curva: avrebbe potuto farlo anche due anni fa
Forse saranno solo dieci, venti tifosi. Forse inneggiare ad Adolf Hitler è solo goliardia. Forse chiamare un giocatore “ne**o” fa parte del gioco. Forse, come dice il presidente della società, Maurizio Setti: «Il razzismo tra i tifosi veronesi non esiste. Il nostro pubblico è ironico, non è razzista». Forse ha ragione Ivan Juric, l’allenatore dell’Hellas Verona: «Non ho paura a dirlo. Oggi non c’era niente, nessun “buu” razzista». Ma è davvero difficile accettare tutti questi dubbi sugli ululati che hanno colpito Mario Balotelli, domenica 3 novembre, nella partita tra Hellas Verona e Brescia. Perché nella curva del club veronese il fascismo, il nazismo, serpeggia da decenni e, per il timore di fare scelte impopolari, gli interventi sono stati a lungo rimandati. Il 4 novembre, mentre alcuni consiglieri comunali chiedono al sindaco di «diffidare legalmente il calciatore e tutti coloro che attaccano Verona, diffamandola ingiustamente», la società dell’Hellas si muove, finalmente, verso il giusto lato della storia. Dopo una giornata di riunioni, il 5 novembre, decide di adottare una misura interdittiva nei confronti del capo ultrà Luca Castellini: dieci annni fuori dalla curva.
La nota ufficiale
«Hellas Verona FC comunica di aver adottato nei confronti del signor Luca Castellini una misura interdittiva che, proporzionata alla gravità dei fatti, alla luce di quanto previsto dagli artt. 6 e 7 del Codice Comportamentale, essendosi trattato di un comportamento basato su considerazioni ed espressioni gravemente contrarie a quelle che contraddistinguono i principi etici ed i valori del nostro Club, prevede la sospensione di gradimento nei confronti del Signor Luca Castellini da parte di Hellas Verona FC sino al 30 giugno 2030».
Cos’è la sospensione di gradimento
Si tratta di uno strumento di natura strettamente privatistica che dà piena facoltà alla società di non vendere il titolo di accesso allo stadio – o sospenderlo, qualora fosse già venduto -, a persone che risultino “non gradite” ai sensi del Codice di Comportamento interno. La sospensione di gradimento ha valore retroattivo, nel senso che può prendere in considerazione azioni o comportamenti adottati precedentemente all’acquisto del biglietto o alla sottoscrizione dell’abbonamento.
Il colpevole ritardo del club
«Siamo una squadra fantastica / fatta a forma di svastica / che bello è / allena Rudolf Hess». Oppure: «Adolf Hitler is my friend / is my friend». Ci sono state più occasioni, nel corso degli anni, in cui questi cori sono stati intonati dagli ultrà dell’Hellas Verona. Tutto ciò, oltre a essere di cattivo gusto e sfiorare i limiti della legalità, è il sintomo che una sorta di cultura neonazista si sia abbarbicata tra alcune frange di tifosi. E l’ultimo caso virale di questo abbraccio tra ultrà e ideologia nazista è avvenuto nel 2017.
Il caso Castellini
Sul palco della festa della curva, nel 2017, c’era proprio Luca Castellini: fu lui a dare il via ai cori di cui sopra, dedicando un particolare ringraziamento al dittatore tedesco: «Chi ha permesso questa serata, chi ha fatto da garante ha un nome. Adolf Hitler!». Ai tempi, Castellini era già coordinatore per il Nord Italia di Forza Nuova, oltre a ricoprire un ruolo apicale nel tifo organizzato dell’Hellas Verona.
Il tifo nero
Ma non si scoprì allora che la tifoseria veronese è tra quelle più nazi-fasciste di Italia. La stessa magistratura aveva sciolto, tempo addietro, lo storico gruppo della curva sud “Brigate giallo-blu”. Per oltre 30 anni, su quegli spalti, è stato uno show di svastiche, saluti romani e croci celtiche. La propaganda dei totalitarismi si è sempre confusa, pericolosamente, tra quello che avrebbe dovuto essere normale tifo calcistico.
Propaganda del nazismo
Era già stato aperto un maxi-fascicolo dai magistrati veronesi quando, a giugno 2014, su Facebook, diventa virale la fotografia del singolare parcheggio messo in scena da alcuni ultrà scaligeri. Era il raduno per festeggiare, tra i compagni della curva sud, la festa di fine anno: 16 auto parcheggiate a mo’ di croce uncinata. Il fatto fu messo agli atti dal procuratore capo Mario Giulio Schinaia che dichiarò: «Da diversi mesi ormai è in corso un’ampia inchiesta che vede coinvolte alcune frange di tifosi violenti. Non fatemi dire di più, ma di cosa si tratti potete intuirlo anche voi: se parlo di tifo a Verona e mi riferisco al calcio, è quasi matematico capire all’interno di quale tifoseria stiamo indagando».
Il cappio al pupazzo nero
Un caso emblematico riguarda l’acquisto di Maikel Ferrier: sarebbe dovuto arrivare l’estate del 1996 a Verona. La società gialloblu ritirò l’offerta d’acquisto dalla squadra olandese del Volendam dopo che il tifo organizzato dell’Hellas espose un manichino nero impiccato in curva sud. La versione ufficiale fu che Ferrier aveva alcuni problemi fisici, finché poi si inserì nella trattativa la Salernitana che riuscì a portarlo in Italia quello stesso anno. La verità è che gli ultrà manifestarono un profondo malcontento per l’arrivo di un calciatore nero nella loro squadra.
«Avevo 19 anni, firmai con l’Hellas tramite l’agente Mino Raiola. Non fui accolto bene, sarei stato il primo giocatore nero lì e i tifosi non gradirono. C’era razzismo in città. Andai a Verona con mio padre ma trovammo un manichino nero impiccato allo stadio. Non fu una bella cosa, stracciamo il contratto – dichiarò Ferrier al Mattino di Salerno qualche anno dopo, quando aveva ormai lasciato l’Italia -. Salernitana, batti il Verona anche per me: ci proverei gusto».
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