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ArcelorMittal, i primi effetti della crisi si abbattono sull’indotto: parte la cassa integrazione

08 Novembre 2019 - 14:51 Redazione
Nell'area dell'ex Ilva a Taranto più morti a causa di malattie dovute all'inquinamento - foto1
Nell'area dell'ex Ilva a Taranto più morti a causa di malattie dovute all'inquinamento - foto1
Sono arrivate le prime lettere per i dipendenti di una ditta che si occupa di progettazioni, costruzioni e montaggi

Protestano dalla mattina dell’8 novembre davanti al cancello “imprese” del grande impianto siderurgico: è qui che, ogni giorno, i 46 operai dell’azienda Enetec entravano per lavorare agli appalti affidati dal gruppo ArcelorMittal. Sono proprio le persone che lavorano nell’indotto i primi a rischiare di perdere il posto di lavoro con l’uscita della società francoindiana dal grande gruppo siderurgico italiano.

Un totale di 10mila impiegati che si sommano ai 10mila che lavorano per l’ex Ilva. Un metalmeccanico della Fiom, all’Huffington Post, mostra la lettera che l’azienda Enetec, specializzata in progettazioni, costruzioni e montaggi, ha spedito alle sigle sindacali e a Confindustria Taranto. «C’è scritto che 46 operai più quattro impiegati finiscono in cassa integrazione. Cinquanta in tutto, su 56 dipendenti».

Il testo della lettera

«In data 4 novembre la Società ha ricevuto da ArcelorMittal comunicazione circa l’avvio della procedura di recesso – si legge nella lettera -. Tale circostanza, pur in assenza di comunicazioni ufficiali circa la possibile sospensione degli ordini, pone a rischio tutte le commesse ad oggi in fase di lavorazione». Sono tante le aziende che si trovano nella stessa situazione di Enetec: alcune piccole e medie imprese del territorio di Taranto lavorano quasi esclusivamente per lo stabilimento dell’ex Ilva.

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