Reeves e Grant. Perché i complimenti all’attore normalizzano lo stereotipo tanto quanto l’indignazione
Alexandra Grant è un’artista affermata, oltre che professoressa, regista e scrittrice. Keanu Reeves è uno degli attori più famosi e apprezzati del pianeta, considerato un sex symbol inarrivabile vista la fama da lupo solitario che lo distingue dai classici divi hollywoodiani. Il loro rapporto, che dura da ormai dieci anni e che è stato prima professionale e poi di profonda amicizia, è sbocciato in una storia d’amore che i due hanno ufficialmente reso nota qualche giorno fa, presentandosi mano nella mano al LACMA Art + Film GALA 2019.
Non ci sarebbe nulla di strano e non ne staremmo nemmeno parlando, se il web non si fosse scatenato in una profusione di insulti rivolti ad Alexandra. La sua colpa? Non avere paura di nascondere i capelli bianchi, scegliere di non adeguarsi agli standard estetici che la vorrebbero – in quanto compagna di una star del cinema – procace e sexy, di sovvertire il classico schema “uomo di mezza età, ricco e famoso con ragazza giovane e provocante”.
“Se Keanu sta con lei non può che essere gay”, “È troppo brutta per lui”, “Ma davvero quella ha 46 anni? Sembra sua madre”, sono solo alcuni dei commenti infelici che si leggono in Italia e nel mondo sotto le foto che li ritraggono insieme. Già, perché nonostante il #MeToo e la tanto agognata parità di genere, ancora non riusciamo ad uscire dallo stereotipo della “donna con data di scadenza”, lo stesso che normalizza la relazione tra un uomo di mezza età e una giovane ragazza, ma che rende inaccettabile l’inverso – vedi il caso del presidente francese Emmanuel Macron e di sua moglie Brigitte.
Lo stereotipo che oggettivizza la donna sempre e comunque e per il quale la bellezza femminile ha un termine anagrafico e un perimetro netto, oggettivamente valutabile secondo standard il cui radicamento nella cultura occidentale è reso manifesto da casi del genere. Lo stesso stereotipo che dà vita a due possibili reazioni. La prima è quella di considerare semplicemente incomprensibile che Reeves, uno degli attori più ambiti del pianeta, scelga come compagna una donna elegante, sensuale e sofisticata, e non un’appariscente e voluttuosa ventenne. La seconda, forse anche più sottile e perfida della prima, è quella di complimentarsi con l’attore per aver scelto di frequentare Alexandra nonostante il suo aspetto.
A nulla serve parlare di sensualità, di affinità, di intimità e perfino di amore. “L’amore non ha età” è un detto che vale solo se a favore dell’uomo, a quanto pare. Se la colpa di Brigitte è quella di essere troppo grande per Emmanuel, infatti, quella di Alexandra è di sembrare più vecchia del proprio compagno.
Ma ciò che emerge da questa polemica kafkiana ha poco a che fare con la questione anagrafica e molto, forse tutto, con la paura del diverso. Come si permette, una donna di 46 anni, di presentarsi ad un evento di gala con i capelli bianchi, fregandosene del giudizio del pubblico? Chi è lei per non piegarsi al modello di bellezza che le viene imposto, per quale motivo non si impegna per apparire più giovane? Perché non ha paura di essere diversa?
Sono le risposte a queste domande, a ben vedere, che spaventano chi è ancora e con ogni evidenza vittima dei tabù e degli stereotipi di cui è intrisa la nostra cultura e da cui tutti amiamo prendere le distanze, fintantoché non ci mettono in discussione in prima persona. E allora, senza nemmeno rendercene conto, ci ricaschiamo.
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