Ex Ilva, scontro tra Confindustria e i sindacati sugli esuberi. Di Maio: no allo scudo penale
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio torna a parlare dello scudo penale per l’ex Ilva. La norma, osteggiata dal Movimento 5 Stelle, proteggerebbe i dirigenti dell’azienda dal rischio di dover affrontare cause legali durante il piano di risanamento ambientale. Il tema era stato affrontato già giorni fa dal ministro, compreso ieri.
«Questo era uno scudo che garantiva a chi inquinava o provocava un danno ambientale di poter non essere responsabile di questo atto. Penso che sia un bene che Arcerol Mittal non lo reputi determinante per rimanere a Taranto», ha detto da Berlino.
Di Maio ha poi tenuto a precisare che dal momento che ArcerolMittal ha firmato un accordo e un contratto: «Deve fare tutto il possibile per costringerli a rimanere a Taranto se no noi diventiamo il Paese del Bengodi».
Le dichiarazioni di Di Maio non sono passate inosservate: per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia «lo scudo penale sarà anche un pretesto. Il problema è che è un alibi». Boccia ha anche sottolineato che «se pretendiamo che nonostante le crisi congiunturali le imprese debbano mantenere i livelli di occupazione, quindi finanziare disoccupazione e non mantenere le imprese, facciamo un errore madornale».
La risposta del segretario della Cgil, Maurizio Landini, è arrivata da un convegno a Firenze: «Le parole di oggi del presidente di Confindustria sono senza senso: c’è un accordo da far rispettare, firmato un anno fa, che prevede degli impegni». Secondo il sindacalista «non sono cali temporanei di mercato che modificano piani strategici che prevedono 4 miliardi di investimenti. Quegli accordi lì vanno fatti rispettare: e anche lui dovrebbe chiedere alla multinazionale di rispettare il nostro Paese, e di rispettare gli accordi. Credo che l’affidabilità nel rispetto degli accordi sia una regola delle parti sociali».
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