Conto alla rovescia: il governo ha ancora undici settimane di vita. O tre anni e mezzo
Parliamoci chiaro: nonostante o tentativi di relativizzarlo, l’appuntamento elettorale del 26 gennaio in Emilia Romagna sarà davvero decisivo per il governo nazionale giallorosso. E non per modo di dire. Tra undici domeniche infatti, sono possibili solo due scenari: o vince Bonaccini, e con lui in ogni caso l’alleanza Pd-M5s, o vince la Lucia Borgonzoni, e cioè Salvini.
Se vince il governatore uscente, di tanto o di poco che sia, le forze di governo saranno in grado di dire, al paese e a loro stesse, che l’avanzata della nuova destra sovranista non è inarrestabile, che la si può fronteggiare, e soprattutto che la maggioranza può proseguire la sua navigazione, sapendo che eventuali altri rovesci nelle successive tornate regionali potranno essere assorbiti dicendo «però in Emilia…», e sperando ovviamente di vincere almeno in Toscana.
Passato il pericolo il governo potrebbe pensare a misure sociali capaci di dare i loro frutti in modo da presentarsi alle politiche del 2023 con chance concrete di vittoria, dopo aver eletto nel 2022 un successore di Mattarella al Quirinale al riparo da ipoteche sovraniste.
Se in Emilia Romagna vince Salvini…
Se però domenica 26 gennaio vince Salvini è tutto un altro film: perfino al di là del valore simbolico della ex “regione rossa” per eccellenza. A differenza che in Umbria, in Emilia Romagna non si va al voto per uno scandalo, non c’è un gruppo dirigente diviso o delegittimato, e anzi c’è il rendiconto di una amministrazione che ha incrociato la miglior ripresa economica tra tutte le regioni italiane, e un governatore con una buona immagine e visibilità.
Inoltre in Emilia Romagna non ci sarà una campagna elettorale a senso unico, Salvini tra la gente, e i suoi avversari al chiuso di teatri semivuoti a sostenere un candidato che non conoscevano fino a poche settimane prima, come è successo in Umbria. Proprio perché coscienti del pericolo, i leader della maggioranza saranno in campo con tutti i mezzi, e giocheranno per tempo la partita.
È per questo che se alla fine prevarrà il centrodestra la sentenza sarà inappellabile: come in una guerra quando si conquista la capitale nemica. Il governo Conte non reggerebbe alle spinte centrifughe, e soprattutto il prosieguo della legislatura rischierebbe di trasformarsi un un Calvario. Nel Pd, che ha ovviamente la maggiore esperienza di campagne elettorali amministrative, si sa bene quale sarebbe il prevedibile effetto “band wagon” che farebbe affluire sul carro del vincitore nuovi elettori in tutte le tornate successive.
E Salvini, Meloni e tutti gli altri bersaglierebbero dal giorno dell’ipotetica vittoria a Bologna in poi il governo «non voluto dagli italiani» con cadenza quotidiana, peraltro in una fase economica non certo favorevole.
Ecco perché l’Emilia è diventata davvero la madre di tutte le battaglie, e il punto di svolta di un’intera stagione politica.
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