Spagna, socialisti in testa ma senza maggioranza. Vox terzo partito, raddoppia i seggi
Gli spagnoli hanno votato per la quarta volta in quattro anni, ma anche questa volta non c’è una maggioranza chiara: bisognerà vedere se il partito socialista di Pedro Sanchez, che resta il primo, proverà a formare una coalizione e con chi. «Faccio un appello a tutti i partiti. Serve generosità per sbloccare questa situazione e formare un governo progressista guidato dai socialisti», ha detto Sanchez.
I primi a festeggiare sono stati però gli esponenti di Vox. «Ancora non sono presidente, dobbiamo lavorare ancora di più» ha detto il leader Santiago Abascal ai suoi sostenitori.
Al partito socialista vengono attribuiti 120 seggi (dopo le scorse elezioni del 28 aprile ne avevano conquistati 123). A seguire il Partido Popular con 87 seggi e al terzo posto la formazione di ultradestra di Vox che con 52 seggi più che raddoppia la sua presenza in parlamento. La formazione di sinistra Podemos è ridimensionata, passando da 42 deputati a 35, e Ciudadanos crolla, da 57 seggi a 10, al sesto posto, cedendo il passo anche a Esquerra Republicana che si assesta al quinto posto con 13 seggi.
L’esito di queste elezioni era stato confermato già dai primi exit poll, secondo cui il partito socialista avrebbe conquistato fra i 114 e i 119 seggi al Congresso (rispetto ai 123 uscenti).
Secondo posto per il Partido Popular, al quale il sondaggio della tv pubblica spagnola attribuisce fra gli 85 e i 90 deputati.
Il partito di ultradestra spagnolo Vox avrebbe ottenuto alle elezioni più del doppio dei 24 seggi che aveva avuto alle elezioni dello scorso aprile. Secondo il sondaggio a campione condotto dall’emittente Rtve, Vox potrebbe contare su una forbice tra 56 e 59 seggi, diventando la terza forza della politica spagnola dopo socialisti e popolari.
La formazione di sinistra Podemos otterrebbe fra i 20 e i 34 seggi mentre Ciudadanos fra i 14 e i 15. Se i dati reali dovessero confermare le prime indicazioni del sondaggio Rtve, il Psoe sarebbe in lieve calo rispetto ai risultati dello scorso 28 aprile quando furono eletti in parlamento 123 deputati socialisti. Emerge invece una possibile parziale rimonta per i popolari che in primavera ottennero soltanto 66 seggi registrando un tonfo storico. Perde invece Podemos, mentre dall’altra parte riguadagna un po’ il Partito Popolare. Ai minimi invece Ciudadanos, invariate le forze indipendentiste catalane.
L’appello al voto
Si tratta delle quarte elezioni nel Paese in quattro anni, l’ultima il 28 aprile scorso. Sono circa 37 milioni gli aventi diritto al voto per scegliere 350 deputati e 208 senatori.
«Oggi votiamo per rafforzare la democrazia. Da domani lavoriamo al governo», dice il leader socialista e premier ad interim spagnolo Pedro Sanchez parlando con i giornalisti dopo aver votato in un seggio nella
municipalità di Madrid poco dopo l’avvio delle operazioni di voto intorno alle 10 di stamane.
L’appello – per il momento disatteso – di Sanchez è stato quello di esortare gli spagnoli a recarsi alle urne, dopo una campagna tutta tesa alla richiesta di un mandato chiaro per poter superare l’impasse e governare. Alle domande dei giornalisti sulle possibili coalizioni il leader del Psoe non risponde e tira dritto: «Aspettiamo che votino gli spagnoli, poi vediamo i seggi».
L’importante, ha rimarcato, è «che gli spagnoli vadano a votare, che si rafforzi la democrazia e che a partire dalla giornata di domani si possa avere la stabilità necessaria per formare il governo e mettere la Spagna in marcia».
Elezioni. Di nuovo
La Spagna è tornata oggi al voto per la seconda volta in sei mesi, per eleggere il presidente del Governo. Pedro Sánchez, vincitore della scorsa tornata con il 28% dei voti, ha dovuto scontrarsi con l’ingovernabilità data dalla mancanza di una maggioranza nel Congresso dei Deputati.
Nonostante il mandato ricevuto dal Re Felipe VI di formare un governo, Sánchez e il Psoe non avevano ottenuto la fiducia della camera bassa del parlamento spagnolo.
In copertina un seggio elettorale a Pamplona, Spagna, 10 novembre 2019. EPA/Villar Lopez
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