Tende nell’Università di Palermo: la protesta per il diritto allo studio che non c’è
Di solito, se esiste un diritto, chi è idoneo a usufruirne non deve far altro che firmare un documento che attesti il conseguimento di ciò che gli spetta. Di diritto, appunto. A Parlermo no. Gli studenti universitari a cui spetterebbe un posto letto e non lo ricevono e devono piantare delle tende davanti all’università per avere un “tetto” sulla testa.
Dal 4 novembre, una decina di studenti dormono in questi rifugi di fortuna e si lavano nei bagni dell’ateneo per accendere la luce sul diritto allo studio. Ma sono molti di più i ragazzi che si sono uniti alla protesta e sostengono questa forma di manifestazione.
I vertici dell’Università di Palermo hanno colto il senso di frustrazione dei ragazzi e non hanno ordinato lo sgombero del picchetto. Anzi, per ciò che rientra nelle sue competenze, il rettore Fabrizio Micari si è impegnato personalmente a sbrogliare alcune pratiche per garantire altri 70 posti letto oltre ai 743 che l’Università di Palermo ha a disposizione per gli studenti meno abbienti.
Gli studenti: «Siamo rimasti sconvolti»
Ma non basta. La situazione a Palermo è questa: su 2700 studenti idonei al posto letto in residenza, solo 743 hanno ricevuto effettivamente una situazione. «Siamo rimasti sconvolti – racconta a Open Youssef Amraoui – il 17 ottobre sono state pubblicate le graduatorie dell’Ersu, l’Ente regionale per il diritto allo studio, e su 1300 studenti del primo anno aventi diritto al posto letto, quindi idonei, solo 232 hanno avuto una sistemazione».
Così Youssef e altri colleghi universitari hanno fondato il Csms, il Comitato spontaneo di mobilitazione studentesca: con l’hashtag #idoneiallostudio stanno portando avanti la protesta perché i diritti degli studenti vengano onorati. «La verità è che la colpa non ricade sull’Unipal – l’Università di Palermo, ndr. -. I Fondi integrativi statali per il diritto allo studio si aggirano sui 200 milioni di euro per tutta Italia. È ovvio che l’istruzione non è considerata un asset strategico del Paese».
«La matricola numero 233, idonea a un posto letto ma alla quale non è stato garantito questo diritto – racconta Youssef – ha un Isee di 2.800 euro: tutti quelli che hanno un Isee maggiore o uguale al suo sono fuori, per strada». C’è poca considerazione di quello che è il diritto allo studio: «Trasferirsi a Palermo per studiare in università, con quel reddito, è insostenibile. Con questa volontà politica si dice: “Tu sei figlio di un disoccupato, di un operaio che vive nell’entroterra, non puoi andare a studiare all’università di Palermo”».
L’83% degli studenti del primo anno di triennale o magistrale che hanno diritto a un posto letto per studiare a Palermo, non ha ricevuto una sistemazione. «Per questo le nostre tende sono ancora lì fuori – spiega Youssef, che dorme in un sacco a pelo da quasi una settimana -. Ho amici che potrebbero ospitarmi, ho una madre a 130 km da qui. Ma non è questo il modo giusto, non possiamo abdicare a un diritto garantito dall’art. 34 della Costituzione».
«Siamo stati ricevuti il 6 novembre dal rettore dell’Università Fabrizio Micari. Abbiamo sollevato la questione dell’Hotel Patria – una struttura messa a nuovo dall’Università, dotata di servizio di portineria e 70 posti letto disponibili per gli studenti – ma ci ha detto che manca il certificato di agibilità sismica – racconta Youssef -. Vorremmo che fossero velocizzate le procedure, non si possono aspettare i tempi della burocrazia siciliana e lasciare 70 studenti senza un tetto sopra la testa. Il rettore ci ha promesso che si impegnerà personalmente, ma non basta».
L’appello dei manifestanti
Lo studente lancia un appello: «A tutta la giunta regionale della Sicilia, a tutti i capigruppo parlamentari, anche quelli all’opposizione, chiediamo che stanzino già nella prossima finanziaria un aumento sostanziale all’ente regionale del diritto allo studio: bisogna coprire il 100% degli aventi diritto ai posti letto e alle borse di studio».
Poi Youssef fa una triste constatazione: «Questa dovrebbe essere la normalità in un Paese civile. Il mondo è pieno di disuguaglianze, ma l’università dovrebbe essere una zona franca, uno spazio in cui tutti dovrebbero avere le stesse opportunità. Tutti i giovani dovrebbero essere livellati, ma al rialzo: uno studente non può essere danneggiato in partenza. Questo è un diritto costituzionale e, in Italia, viene costantemente negato».
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