Ahora nì, Spagna paralizzata dopo le elezioni: l’ipotesi a sorpresa dell’alleanza tra Socialisti e Popolari
Doveva essere la volta buona per portare la Spagna fuori dal pantano e darle un governo ma i cittadini spagnoli non hanno accolto l’appello del leader socialista Pedro Sanchez nelle elezioni di domenica. «Ahora sì» – questo lo slogan elettorale scelto da Sanchez, che invitava gli spagnoli a dargli una maggioranza – è diventato «Ahora nì»: Sanchez è comunque riuscito ad arrivare primo con il partito socialista ma con meno seggi rispetto alle elezioni di aprile e comunque senza una chiara strategia su come ottenere la fiducia per formare un esecutivo.
Le ipotesi: alleanza con il Pp, governo di minoranza o nuove elezioni
La speranza di Sanchez era quella di uscire dalla paralisi che va avanti dalle scorse elezioni di aprile – prolungata da un mancato accordo con il partito radicale di sinistra Podemos e il rifiuto dei partito di centrodestra di formare una coalizione – e finalmente riuscire a formare un esecutivo. Ma la maggioranza di sinistra – del Psoe con Podemos e il gruppo scissionista Mas Pais – non c’è, anzi conta sette seggi in meno rispetto ad aprile. Altra ipotesi è quella di cercare il sostegno dei partiti nazionalisti catalani e baschi, con il sostegno di un Ciudadanos (partito di centrodestra) totalmente ridimensionato dopo le elezioni. Oppure potrebbe cercare di formare una maggioranza con il Partito Popolare (Pp) di destra. Dopo il risultato il leader del PP Pablo Casado aveva aperto alla possibilità – «Vedremo cosa ci propone Sanchez» – per poi sottolineare che le loro agende politiche sono «incompatibili». Il partito popolare potrebbe però temporeggiare, rifiutando un’intesa con Sanchez per poi cercare di trovare un accordo con il partito di estrema destra di Vox, come è già accaduto in Andalusia.
La fine di Ciudadanos (e della terza via)
Forse la sconfitta più bruciante è stata vissuta non da Sanchez ma da Albert Rivera, il leader della partito di centro-destra Ciudadanos, dimissionario dopo che nelle elezioni di domenica il suo partito ha perso 47 su 57 seggi, 2,5 milioni di voti in meno nell’intero paese. Rivera aveva avuto la possibilità di formare un governo di coalizione con Sanchez, preferendogli però il partito conservatore (PP). Una scelta che si è rivelata fatale, sia per lui sia potenzialmente per il partito della “terza via”, più vicino di carattere e nelle modalità al partito del presidente francese Macron con cui, appunto, Sanchez aveva collaborato con successo in chiave europea. Ma la disfatta di Ciudadanos nasce anche prima, su un altro fronte, con la disponibilità a collaborare nelle amministrazioni comunali con il partito di estrema destra Vox – unico vero vincitore delle elezioni – perdendo la loro identità e confondendo gli elettori.
Leggi anche:
- Corte Ue riconosce l’immunità parlamentare al leader catalano Junqueras: «Va rilasciato immediatamente»
- Catalogna, gli indipendentisti tornano alla carica: bloccata la frontiera con la Francia – Foto e video
- Spagna, socialisti in testa ma senza maggioranza. Vox terzo partito, raddoppia i seggi
- Elezioni in Spagna, la sfida al voto tra Socialisti e Popolari: l’incognita su Vox e le tensioni catalane
- Spagna, verso le quarte elezioni in 4 anni: Socialisti favoriti, ma senza maggioranza. Cresce la destra (anche Vox)
- Elezioni in Spagna, la sfida al voto tra Socialisti e Popolari: l’incognita su Vox e le tensioni catalane
- Spagna, Sanchez non ottiene la fiducia al primo voto. Martedì la seconda votazione