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Cosa vuol dire nascere con l’ittiosi in Italia? – L’intervista

12 Novembre 2019 - 06:38 Juanne Pili
L'Ittiosi richiede costosi trattamenti, ma ottenere l'erogazione gratuita è difficile, nonostante esista una normativa ad hoc

Il caso del piccolo Giovannino, concepito mediante fecondazione omologa, accende i riflettori sul mondo delle malattie rare, come la forma di Ittiosi di cui è affetto, denominata Arlecchino.

I bimbi affetti da questa patologia hanno copiose lacerazioni su tutto il corpo. La pelle infatti si presenta spessa e rigida, rendendo difficili movimenti e respirazione. Colpisce in un caso su un milione, e superano non tutti i bambini superano l’infanzia.

Nonostante la gravità, non tutti riescono a ottenere una erogazione gratuita dei trattamenti previsti per la malattia, anche se esiste una normativa apposita. Come si spiega tutto questo?

Rita De Marco, presidente dell’associazione Uniti (Unione italiana ittiosi), spiega a Open cosa significa oggi essere affetti da ittiosi in Italia, dovendo lottare anche contro una burocrazia che non riesce a garantire a tutti la copertura sanitaria.

Ittiosi di Arlecchino – Il difficile riconoscimento dei livelli essenziali di assistenza

«La normativa c’è ma spesso non è applicata – spiega De Marco a proposito del Decreto ministeriale 279/2001 -. Quella sulle malattie rare prevede l’esenzione per “tutte le prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) ritenute appropriate ed efficaci per il trattamento e il monitoraggio della malattia rara accertata e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti”.

Nel caso dell’ittiosi però non si tratta solo di medicinali. Si parla di vari tipi di creme: emollienti, idratanti, cheratolitiche, eccetera. Farmaci che non vengono quindi considerati dispositivi medici esentabili.

Non rientrano nella classificazione dei farmaci, eppure per noi sono fondamentali. Per noi malati di ittiosi una crema è un salvavita. Occorre somministrarsi quotidianamente un certo quantitativo di crema (coprendo tutto il corpo e un tubetto può arrivare a costare 15 euro), poi occorrono frequenti bagni emollienti, compresi vari colliri ed unguenti, il tutto per alleviare i sintomi di una malattia da cui non si guarisce.

Non tutte le regioni applicano allo stesso modo la normativa. Alcuni pazienti sono riusciti a ottenere l’erogazione gratuita, recandosi nei centri di riferimento per la diagnosi e ricevendo un codice di esenzione per malattia rara (per le Ittiosi congenite: RNG-070).

L’Asl passa le visite specialistiche e analisi relative alla patologia, ma per le creme deve essere il dermatologo specializzato a redigere un piano terapeutico (valido per un anno), nel quale inserisce le creme e i trattamenti appropriati per il singolo caso.

Con questo piano “in teoria” il paziente dovrebbe recarsi nelle farmacie o aziende ospedaliere convenzionate per ottenerne l’erogazione gratuita. Pochissimi malati di ittiosi riescono ad assicurarsi l’applicazione completa della normativa.

Il più delle volte chi ci è riuscito è dovuto ricorrere agli avvocati, facendo valere il proprio diritto in sede giudiziaria. Le Asl si giustificano con motivazioni economiche o non considerando i trattamenti per l’ittiosi dei salvavita per la patologia.

A livello giuridico noi stiamo spingendo per uniformare l’applicazione della normativa e far inserire trattamenti specifici nei Lea».

Nella vostra associazione ci sono anche genitori di bambini affetti da ittiosi arlecchino. Qual è oggi l’aspettativa di vita?

«Ci sono casi in cui si può addirittura superare la fase adolescenziale – prosegue De Marco – Il problema è superare la prima fase, quella infantile, ch’è critica. Certo, la qualità della vita non è ottimale, c’è sempre il rischio delle infezioni a cui stare attenti, bisogna condurre una vita “protetta”.

Questo non significa dover vivere sempre al chiuso. Non è propriamente vero che non si può stare alla luce del sole, certo non con una esposizione diretta, men che meno prendendo il sole nei mesi estivi. Questo però è possibile solo dopo che si è superata la fase infantile».

Cosa significa per il bambino attraversare questa fase critica?

«La cosa fondamentale è tenere la pelle più morbida possibile con le creme e garantirne l’esfoliazione – spiega De Marco – La cute infatti è molto spessa e dura, questo rende limitati anche i movimenti.

Occorrono anche dei trattamenti antisettici, il bagno deve essere fatto con dei prodotti che impediscano il proliferare delle infezioni. Quando si va all’esterno bisogna essere opportunamente coperti, per non esporsi al rischio di contaminazione con gli agenti esterni.

Oltre a garantire l’idratazione della pelle, occorre anche non esporsi alle fonti di calore. Teniamo conto che questi bambini non possono sudare, per tutti quelli che sono affetti da Ittiosi c’è sempre il rischio del surriscaldamento corporeo.

Ci sono varianti che possono colpire gli occhi, i quali a loro volta dovranno essere trattati con degli appositi colliri ed unguenti. Non tutte le forme di Ittiosi sono uguali, alcune sono più gravi di altre.

Nel caso della variante Arlecchino non è detto che non si possa condurre una vita normale, ma sicuramente è più difficile.

Non è una passeggiata, non tutti possono permettersi di assistere in casa un bambino con ittiosi. Comporta un impegno costante, ma non è impossibile. Le nostre famiglie ce la fanno, con difficoltà e disagi, ma vanno avanti».

Ha letto le critiche indirizzate ai genitori di Giovannino?

«Noi non ci sentiamo assolutamente di giudicare i genitori. Queste sono scelte personali, ma siamo sicuri che per Giovannino si troverà comunque una soluzione per garantirgli una vita serena.

Come Associazione seguiamo la storia fin dall’inizio e abbiamo offerto tutto il supporto che ci è possibile dare».

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