La proposta di Gualtieri: asili nido gratis. A che punto è l’Italia – I dati
Ieri – 12 novembre -, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha annunciato in audizione per la manovra finanziaria che, a partire dal 1 gennaio 2020, “per la maggioranza delle famiglie italiane verrà assicurato l’accesso gratuito agli asili nido”.
Una buona notizia? Dipende. Al netto del discorso che riguarda le risorse che andrebbero convogliate nel settore nidi per garantire l’accesso delle famiglie alle strutture per l’infanzia, l’altro scoglio per il ministero dell’Economia sarà quello di creare posti all’interno degli asili.
Ad oggi, solo un bambino su cinque trova posto, con una media nazionale pari al 21,7% di copertura garantita dagli enti pubblici e privati.
Per capire quale sia quindi la situazione in cui gli asili nido versano, in Italia, è bene snocciolare un po’ di dati.
Asili nido e tariffe
Partiamo dalle tariffe. Nell’anno in corso, 2019/2020, una famiglia media italiana, con un bimbo al nido, spende al mese 303 euro. Il costo, rispetto all’anno precedente, ha avuto un incremento del +0,9%.
Il Nord detiene il primato per le tariffe più alte (in Trentino Alto Adige, ad esempio, la retta media è di 472 euro), ma è anche la zona in cui si registra il maggior numero di agevolazioni fiscali.
Il Sud invece mantiene costi bassi (il Molise ha una tariffa media di 169 euro), seppur in aumento rispetto all’anno precedente, ma pecca sulla disponibilità di posti.
Il Centro Italia mantiene la propria stabilità senza grandi oscillazioni nei prezzi delle rette annuali, i costi sono nella media nazionale.
Qualche esempio può rendere ancor più chiare le idee. Lecco risulta il capoluogo più costoso con 515 euro di spesa media a famiglia, Catanzaro il più economico con 100 euro. Tra quelli che hanno visto alzarsi i costi da un anno all’altro, il primato va alla meridionale Andria: aumento del 105,5% sui prezzi delle rette, si passa dai 146 euro del 2018/19 ai 300 euro dell’anno in corso.
«Un’offerta così eterogenea in termini di disponibilità, accessibilità economica, qualità risulta essere un ostacolo ad un uguale accesso, non solo a servizi ma anche a diritti costituzionalmente garantiti, quali quello al lavoro delle donne e alla crescita delle nuove generazioni che dovrebbero essere assicurati a livello nazionale, indipendentemente da differenze geografiche, economiche e socioculturali», ha detto Antonio Gaudioso segretario generale di Cittadinanza Attiva.
Gaudio ha anche spiegato che quello italiano è un contesto di forte incompatibilità tra «occupazione lavorativa ed esigenze di cura della prole». Questa frizione tra i due ambiti rappresenta un motivo di dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri per il 36% dei casi su un totale di 35.963 provvedimenti (secondo la relazione del 2018 rilasciata dall’Ispettorato del lavoro).
Un fenomeno che dovrebbe dunque essere contrastato «riducendo le diseguaglianze e accelerando il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile del nostro paese».
Osservando poi le cifre messe a disposizione per il bonus nido (330 milioni dal 2020) e per il bonus bebè (240 milioni per il 2020), il budget per i nidi gratuiti non si discosta poi granché.
Le carte in tavola cambierebbero nel caso in cui il Governo decidesse di agevolare le fasce reddituali medio-basse – con una situazione economica da 25 mila euro annui. In questo caso, sarebbero sufficienti 353 milioni.
Ma i posti ci sono?
Anche a prescindere dalle rette, resta appunto il problema dei posti disponibili. Il più difficile da risolvere, se Gualtieri vorrà davvero mettere mano al tema. In un asilo nido, come detto, trova posto un solo bimbo su cinque, con grandi disparità territoriali: si va dal 34,3% dell’Umbria al 6,7% della Campania e ben sei regioni sono sotto la media nazionale (21,7%).
Tenendo in considerazione il dato medio di copertura, lo Stato avrebbe bisogno di investire circa 800 milioni per garantire un anno di asilo gratuito a tutti i bambini che possano accedervi senza distinzioni in base alla fascia di reddito.
Il calcolo – ipotizzato da Il Sole 24 Ore – deriva dalla somma della spesa annuale delle famiglie iscritte a nidi comunali o convenzionati, che vale 276 milioni di euro (Istat 2016/2017) in unione con la retta media (300 euro, secondo Cittadinanzattiva) sul totale dei posti disponibili nei nidi privati, altri 460 milioni.
Italia e standard europei
In ogni caso, siamo ancora lontani dai parametri fissati dall’Unione europea che considera, a ragione, la presenza di asili nido come uno degli interventi più concreti a sostegno delle giovani coppie. I posti disponibili negli asili nido in Italia coprono il 24% del potenziale bacino di utenza.
Per «sostenere la conciliazione dei tempi di vita e promuovere la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro» l’Europa ha stabilito che si debba arrivare al 33%. Per raggiungere il target europeo, creare nuovi posti, secondo le stime del Senato, sarebbero necessari investimenti fino a 5,3 miliardi.
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