Da un’intercettazione (forse) una traccia del superboss latitante Messina Denaro: «Iddu» in stazione a Trapani
Il boss latitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, indicato semplicemente come «Iddu», potrebbe essersi fatto accompagnare, all’alba di una mattina di due anni fa, nella stazione di Trapani a bordo di una Mercedes da uno dei suoi favoreggiatori. Il particolare è emerso dall’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato all’arresto di tre presunti narcotrafficanti. La conversazione intercettata è disturbata e non si capisce se si tratti di un episodio singolo o se quel «Iddu veniva a Trapani» si riferisse a un tragitto usuale del boss, un itinerario studiato per sfuggire ai luoghi in cui ci si aspettava di trovarlo. Acquistano forse significato in questo senso i pizzini che parlavano del superlatitante in arrivo «con la stessa carrozza». Potrebbe trattarsi, banalmente, di una carrozza del treno.
A essere intercettato dagli investigatori è stato l’ex avvocato Antonio Messina, radiato dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa e droga, mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, che risulta solo indagato. Si tratta di uno dei figli del boss dell’Acquasanta, Gaetano Fidanzati, oggi deceduto, che aveva fatto di Milano la base operativa dei traffici di droga. Anche il figlio del capo mafia ha scontato una condanna per traffico di droga. I due, Messina e Fidanzati, facevano riferimento ad un «ragazzo» di Castelvetrano, identificato dagli inquirenti in Francesco Guttadauro, nipote del prediletto di Matteo Messina Denaro, che era stato arrestato.
In particolare Fidanzati ricordava di un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con «Iddu» (lui ndr) che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo “Mimmu”. Non è chiaro se «Iddu» sia riferito a Guttadauro o, come invece sospettano gli investigatori, al super latitante Messina Denaro. Antinio Messina, il protagonista dell’intercettazione, è stato arrestato a Bologna dai carabinieri del Ros e dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo insieme a due persone accusate di aver organizzato un traffico di hashish fra il Marocco, Milano e la Sicilia. Originario di Campobello di Mazara, Messina non è nome ignoto agli inquirenti, anche se resta a tutt’oggi un personaggio decisamente misterioso.
L’anziano ex avvocato, noto massone, è stato indicato negli anni Novanta dal pentito Rosario Spatola come un anello di collegamento fra i vertici di Cosa Nostra e la Capitale. Spatola e Vincenzo Calcara (altro pentito) puntarono il dito contro di lui come mandante dell’omicidio del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto (ucciso il 25 gennaio del 1983). Per il delitto sono stati condannati Totò Riina e Mariano Agate, mentre Messina fu scagionato. Un nome quindi che arriva dal passato di Cosa Nostra. Quel passato su cui Messina Denaro, secondo molti elementi ricostruiti dagli inquirenti, sembra contare per continuare la sua esistenza da primula rossa che va ormai avanti dal giugno del 1993. E che sembra essere passata anche dalla stazione di Trapani, all’alba di una mattina di due anni fa.
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