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Perché il report di Avaaz sulle Fake news in Brasile ci riguarda da vicino

14 Novembre 2019 - 13:30 Juanne Pili
Stimolare lo spirito critico attraverso il flag delle fake news è possibile, suggerisce il report

Il nuovo report di Avaaz (Community internazionale particolarmente interessata alla lotta contro le fake news) sulla disinformazione in Brasile, presenta diversi elementi che ricordano la situazione Italiana. In articoli precedenti avevamo analizzato come la diffusione di tesi no-vax nei Social network, potessero collegarsi alla proliferazione di troll e bot di paesi antagonisti, come la Russia e l’Iran, ragione per cui dobbiamo tener conto del loro effetto sull’opinione pubblica, che ormai si forma anche attraverso la rete.

Gli autori l’hanno definita una vera e propria «epidemia di disinformazione sui vaccini». A contribuire sarebbe soprattutto l’atteggiamento lassista di Facebook. Parallelamente si è registrato anche un incremento degli utenti che affermano di rifiutare le vaccinazioni, a seguito della lettura di titoli e post falsi o ingannevoli. 

In Italia questo genere di propaganda fece scendere in maniera preoccupante la copertura vaccinale, costringendo il Governo a introdurre l’obbligo delle vaccinazioni, per tutelare soprattutto quei soggetti immunodepressi che non avrebbero potuto frequentare le lezioni scolastiche. 

Dallo studio scopriamo che il grosso delle fake news no-vax – diffuse da una rete di siti dedicati e condivise dai brasiliani su Facebook – hanno avuto origine da siti statunitensi. Uno di questi non dovrebbe suonare nuovo nemmeno agli italiani, si tratta di Natural news (il 32% delle fake news condivise dai soggetti del campione provengono da questo sito). 

Marcio Moretto/Università di Sao Paulo/La rete di siti web che diffondono fake news in Brasile. Buona parte hanno avuto origine negli Stati Uniti.

Come si è svolto lo studio

Nel sondaggio svolto per la realizzazione del report sono state intervistate duemila persone maggiori di 16 anni in tutto il Brasile. Il campione è stato realizzato rispettando le caratteristiche demografiche. 

La ricerca si intitola «Is Fake News Making Us Sick?» e si è avvalsa della collaborazione della Società brasiliana sulle immunizzazioni (SBIm). Anche in Brasile buona parte della popolazione si avvale di Social network e App di messaggistica come fonti preferenziali di informazione sui vaccini. 

Secondo l’attivista brasiliana di Avaaz Nana Queiroz il problema non è solo politico, le strategia di usare le tesi no-vax per incrementare la polarizzazione dell’opinione pubblica finisce infatti per toccare la salute delle persone, «le grandi piattaforme devono riconoscere che [questi contenuti sono] virali e contagiosi – afferma Queiroz – diffondendosi da un paese all’altro. 

Ecco perché occorre immediatamente iniziare [a segnalare le fake news] alle persone esposte alla disinformazione sulle vaccinazioni e aiutare a diffondere contenuti affidabili in tutto il mondo».

Risultati chiave del report di Avaaz:

  • Sette brasiliani su dieci  ritengono vera almeno una dichiarazione inesatta sui vaccini;
  • Il 13% (21 milioni di persone) afferma di non aver vaccinato se stesso o un bambino a loro carico;
  • Tra coloro che non hanno vaccinato, il 57% lo deve a fake news. Di queste la più comune riguarda la presunta inutilità dei vaccini o la paura di effetti avversi;
  • Il 48% si è “informato” prevalentemente sui principali Social network e su WhatsApp.
Avaaz/Sette brasiliani su dieci  ritengono vera almeno una dichiarazione inesatta sui vaccini.

Flaggare le notizie false è utile?

Un recente studio del Eehta- CEIS svolto mediante questionari, suggerisce che flaggare le notizie false sarebbe irrilevante. Ma come funzionerebbe il meccanismo se applicato davvero? Avaaz mostra una simulazione di come potrebbe apparire una home di Facebook se venissero flaggate le notizie false, mediante l’intervento di fact-checker indipendenti.

L’utente potrebbe comunque scegliere di leggerli (cosa che magari non risulterebbe automatica oggi, visto che molti soggetti condividono fermandosi a foto e titoli), fornendo anche una spiegazione del motivo per cui tale notizia è stata flaggata, rimandando a una informazione alternativa, mediante un debunking svolto da un autorevole sito di fact checking, come potrebbero essere Snopes o Butac.

Gli studi precedenti si sono focalizzati prevalentemente sul backfier effect, ovvero il problema che porta gli utenti polarizzati a rafforzare le proprie convinzioni, nonostante vengano loro presentati dati che ne dimostrano l’infondatezza.

Su questo tema esiste ancora un nutrito dibattito, mentre ricerche come quella di Avaaz mettono in luce un altro aspetto, su cui si dovrebbe fare maggiore attenzione: quello del divario tra la velocità con cui le fake news divengono virali, e le corrispondenti smentite, molto più lente e meno visibili.

Oggi Facebook riesce a segnalare agli utenti solo in certi casi che una notizia è stata «contestata». Il fact-checking però arriva troppo tardi. Così una volta che la fake news diventa virale, tutti quelli che l’hanno letta prima del fact-checking, difficilmente verranno adeguatamente aggiornati sul fatto di essere stati disinformati.

Avaaz/Da sinistra a destra: come si presenta una fake news su Facebook; come si presenterebbe col flag; il rimando a una pagina di fact-checking (in questo caso Snopes).

L’importanza di stimolare lo spirito critico

I soggetti del campione studiati nel report di Avaaz, sottoposti a diverse fake news sui vaccini, hanno mostrato la tendenza a controllare comunque fonti mediche o di siti affidabili, suggerendo l’utilità dei flag, qualora questi permettano di comparare i contenuti no-vax con quelli supportati da fonti corrette.

Secondo Juarez Cunha presidente della SBIm «Abbiamo bisogno che gli operatori sanitari, gli esperti e le autorità abbiano la stessa prontezza nel dare informazioni chiare sui vaccini di coloro che diffondono informazioni false». Il pericolo infatti è quello di «vedere il ritorno di malattie a lungo sradicate in Brasile – continua Cunha – e in tutto il mondo, come già dimostrato col ritorno del morbillo».

Il solo declassamento da parte dei maggiori Social network delle notizie di dubbia attendibilità non è infatti sufficiente – come sembra effettivamente rilevato anche dallo studio precedente del Eehta- CEIS – mentre è fondamentale fornire l’accesso al fact-checking delle stesse, permettendo una comparazione da parte dell’utente. 

Ecco perché questo report non riguarda solo il Brasile, mostrando importanti implicazioni a livello globale, sugli effetti della disinformazione e su come combatterla – senza ricorrere a mere censure, ma al contrario stimolando gli utenti a esercitare lo spirito critico.

Foto di copertina: Il report di Avaaz sulla disinformazione no-vax in Brasile mediante Social network e App di messaggistica.

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