Quando sono anche gli uomini a lamentarsi del cat-calling. Le testimonianze degli studenti a Milano – Il video
A inizio novembre è apparsa una scritta davanti all’Università Statale di Milano: «Madonna, dove vai con quelle tette?». Sotto apparivano tre rivendicazioni, CatcallsofMi, LGBCatt e GaystataleMi. Tre gruppi diversi che però hanno scelto di collaborare con un unico obiettivo: quello di creare uno spazio in cui le persone – in questo caso gli studenti – potessero condividere la loro storia di molestie verbali, una forma di “sexual harassment” come si direbbe in inglese.
Tutto nasce negli Stati Uniti su iniziativa di una ragazza, Sophie Sandberg, che ha cominciato a raccogliere testimonianze di “catcall” – il termine riprende la pratica di fischiare a un gatto per chiamarlo a se – e a scriverle in gesso sui marciapiedi, una pratica nota come “chalking” (chalk significa gesso in inglese) e condividerli sui canali social per costringere i passanti a un esame di coscienza. Ma anche per permettere alle persone che le ricevevano di parlare e di farsi ascoltare.
Uno spazio catartico insomma, ma anche un luogo – e un modo – per denunciare e per sensibilizzare sul tema delle offese, degli apprezzamenti non graditi, dei fischi, degli ululati e delle frasi a sfondo sessuale che regolarmente vengono rivolte sia a donne che a uomini e che lasciano un segno indelebile. Per alcuni si tratta di veri e propri “micro-traumi”, resi ancora più problematici quando avvengono in università, come raccontano alcune testimonianze.
La scelta delle parole non è né casuale né ininfluente. Si tratta di un nuovo vocabolario che traccia un cambiamento nelle sensibilità culturali e in questo caso generazionali. Gli apprezzamenti – come quelli fatti a ragazze di appena 8 anni, come racconta una delle persone intervistate – possono davvero essere riconducibili a una forma di galanteria? Gli apprezzamenti fatti in modo volgare e aggressivo possono essere considerati vere e proprie molestie?
Ciò che pare certo è che si tratta di un fenomeno che riguarda soprattutto il codice di comportamento maschile. Ma non per questo è ristretto o circoscritto ai rapporti uomo-donna e alle relazioni eterosessuali. Le segnalazioni ricevute dai gruppi di studenti infatti riguardano soprattutto frasi pronunciate da uomini, ma non sempre rivolte a chi si identifica con il genere femminile.
«È un fenomeno che va oltre le dinamiche di genere. È vero che la maggior parte delle persone che subisce catcalling è costituita da ragazze giovani, ma ciò non toglie che uomini possano subire catcalling da parte di altri uomini e anche da donne – racconta Ylenia Baldanza di LGBTCatt -. Per esempio, quando abbiamo raccolto le testimonianze, su circa 10-15, una riguardava un ragazzo omosessuale e un’altra un ragazzo in drag».
Nel caso del ragazzo in drag si trattava di due donne che ne parlavano in modo derisorio. Nell’altro, invece, una frase – «Boccuccia d’oro, vieni qui» – che ha investito un ragazzo di diciannove anni, come raccontato da Mirco D’Amore, e che dopo circa 8 anni continua ad avere un’eco. Anche questa frase è stata scritta per terra, sul marciapiede. Chissà quanti passandoci accanto si ricrederanno.
L’articolo è stato modificato seguito a una segnalazione.
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